UOMINI E DONNE, UGUALI DI FRONTE ALLA SCIENZA
L'INTERVISTA AL PROF. BEN BARRES, SCIENZIATO TRANSGENDER


Londra. Cervello maschile biologicamente più portato per la scienza? Tutte chiacchiere, basate spesso su pregiudizi che chiudono alle scienziate l'accesso a posizioni di comando. A dire la sua nel dibattito aperto dalle dichiarazioni di Lawrence Summers - ex rettore dell'Università di Harvard che legava a ragioni «biologiche» la latitanza femminile ai livelli più alti della scienza - è Ben Barres, scienziato transgender dell'Univerità di Stanford. Intervenendo sulle pagine di «Nature», sulla base di testimonianze scientifiche e della propria esperienza personale, Barres sostiene che la carenza di donne «ai primi postì della ricerca ha più a che fare con i pregiudizi che con l'attitudine al pensiero scientifico.
«È una guerriglia di strada», dice Barres, neurobiologo e docente di Neurologia e scienze neurologiche alla Stanford University School of Medicine, riferendosi alla «gang» di accademici maschi che «attaccano» le scienziate sulla base di una presunta inferiorità «biologica».
Dove Summers vede differenze innate, infatti, Barres vede discriminazione. E racconta di quando era una giovane donna (al tempo chiamata Barbara) e fu scoraggiata dal frequentare il Mit, dove ha dovuto scontrarsi con notevoli pregiudizi da parte degli insegnanti, nonostante i risultati eccezionali. E poi, una volta iniziata la sua vita da uomo nel 1997, ha dovuto sentire un collega dire a un altro: «Ben Barres ha tenuto un grande seminario oggi, certo il suo lavoro è molto migliore di quello della sorella». Barres si sente esattamente lo stesso, al di là del passaggio donna-uomo. La sua scienza è la stessa, i suoi interessi identici e la qualità del suo lavoro non è cambiata, assicura il ricercatore.
Non solo, Barres riflette che le donne sono più della metà dei laureati, ma solo il 10% dei docenti di facoltà. Una situazione simile a quella delle minoranze, dovuta secondo il ricercatore a mero pregiudizio sessista.
Stessa risposta da alcuni studi condotti «ad hoc», ricorda Barres. Ad alcuni studiosi è stato chiesto di valutare il lavoro di ricercatori «senza nome»: ebbene uomini e donne sono andati bene nella stessa percentuale. Ma se la gara non era «alla cieca», alle donne era implicitamente chiesto di essere tre volte più produttive per essere considerate competenti alla stregua di un uomo.
Altra conferma da un test psicologico ideato da Mahzarin Banaji, psicologa di Harvard: uomini e donne dovevano indicare associazioni tra parole e generi. Alla fine i termini scientifici sono strati associati più spesso agli uomini da «cavie umane» di entrambi i sessi.
Robert Puttnam
tratto da La Sicilia on line