L'Approfondimento
a cura di Mirella Izzo

Mirella Izzo

mercoledì 31 ottobre 2007

ESCLUSIVA DI CRISALIDE
LEGGE MANCINO: SOTTO ATTACCO L'INSERIMENTO DELLA
IDENTITA' DI GENERE FRA LE CONDIZIONI CHE GENERANO AGGRAVANTI NEI REATI PER ODIO O PREGIUDIZIO

Una premessa doverosa. Non ci si stupisca se qualche volta io sia in possesso di informazioni ancora non rese pubbliche o rese tali ma di cui nessuno parla. Transgender che abbiano dedicato la loro militanza allo studio invece che alla propaganda populista in Italia ce ne sono pochi. !Si contano, fra FtM ed MtF, sulla punta delle dita di una sola mano. E' evidente e giusto che la politica, talvolta, senta il bisogno di un confronto con persone che siano contemporaneamente direttamente interessate da un problema e dotate di una base decente di conoscenza acquisita sia sul campo, sia studiando. Non sono (e se lo fossi non lo propaganderei) una che rivendica alla prostituzione una sorta di "laurea honoris causa" in sociologia. Le mie parole, da sempre, sono più scritte che volatili, in base all'antico detto latino secondo il quale "scripta manent, verba volant" (gli scritti restano, le parole volano).
Quindi è capitato, capita e probabilmente capiterà ancora che persone che si dedicano alla politica senza pensare di essere onniscenti, cerchino me o altre poche persone, per confrontarsi su alcuni ostacoli che vengono posti alla richiesta di avanzamento dei diritti civili delle persone transgender (e, una volta per tutte, chiarisco che con transgender intendo transessuali che intendono affrontare la rettificazione genitale, che non intendano affrontarla ed ogni forma di "variazione di genere" con l'esclusione unica di due categorie: il travestitismo feticista che non rivendica diritti e l'ex transessualismo "stealth", omissivo, nascosto che i diritti dichiara di averli acquisiti ex legge 164/82).
Per ragioni di ovvia riservatezza, non rivelerò né chi dalla politica mi ha avvisata e chiesto consiglio, né alcun dettaglio che non sia strettamente relato al problema.
Peraltro la "segretezza" in politica dovrebbe essere sempre meno presente per noi cittadini, specie quando esistono ben due canali televisivi che mostrano le sedute di Camera e Senato e si parla di aprire le porte a telecamere e microfoni anche alle Commissioni Parlamentari, dove si svolge il 90% delle attività politiche italiane.
Ed il problema, per il proseguimento dell'iter che consenta di far inserire - oltre l'orientamento sessuale - anche l'identità di genere, nella legge "Mancino", è un problema ovviamente politico, ma che si maschera di "norma".
Fra chi si oppone a che noi transgender si possa essere tutelate e tutelati in caso di omicidio o violenza, dalle aggravanti previste dalla legge, ovviamente vi sono deputati e deputate che di noi dicono cose talmente irripetibili che neppure a me sono state riferite esplicitamente. Quindi persone che utilizzano il fioretto delle espressioni semantiche come clave per dar voce ad un odio che già meriterebbe punizione legale. Ma stanno in Parlamento, la legge non c'è, e fanno di tutto perché non ci includa.
Quel che mi interessa quindi è su cosa si appiglino per escluderci. Semplice. La parola "identità di genere". Nessun documento europeo vincolante (sentenze o direttive) fa cenno a questa espressione per indicare la condizione transgender (anche questa assente) o transessuale.
Questo vuol forse dire che per l'Europa, noi "trans" siamo da considerare cittadini negletti privi di diritti?
Assolutamente no! Sentenze delle Corti Europee (di Giustizia e per i Diritti Umani) si affastellano di condanne contro gli Stati che attuano politiche discriminatorie contro le persone transgender (pur definite diversamente nei termini). Recentemente anche una Direttiva Europea ci include (seppur solo nelle consideranda iniziali e dimenticandosi di tradurre il senso della consideranda in testo della Direttiva, differenza non da poco perché gli Stati membri hanno l'obbligo di recepire SOLO il testo della Direttiva e non necessariamente anche i consideranda che pur costituiscono il senso per cui la Direttiva è stata scritta).
Ma credo che la Comunità Europea dia una mano alle Destre contro l'uso dell'espressione "Identità di Genere" riferita quindi non solo al Genere di appartenenza (maschile o femminile) ma al senso identitario rispetto a questa polarità un po' fittizia che si attribuisce al termine Genere o Gender (gli intersessuati dove li mettono? Ah si.. li rettificano, quelli si, alla nascita e quindi senza consenso purché rientrino nella binarietà imposta a prescindere da corpo e cromosomi che, per loro e solo per loro, non contano più nulla per la loro identificazione).

Quindi la Comunità Europea e le Corti Europee non si sono dimenticate di noi, ma non utilizzano il termine che ormai anche i bambini usano, per identificare le condizioni transgenere: identità di genere.
Dove stiamo quindi noi trans, secondo la comunità europea? Facilissima la risposta. Stiamo in tutte le leggi europee ed italiane che si riferiscono alle pari opportunità fra i sessi. Come? Lo dice in modo esplicito la Corte di Giustizia Europea fin dal "millennio scorso" nell'abstract della sentenza P. contro S. and Cornwall County Council del 30 aprile 1996.
Cosa dice in sostanza questa sentenza che ha messo di fronte una persona transgender alla Corte Europea per un caso di licenziamento in virtù della sua condizione? E' importante leggere con attenzione l'abstract, ovvero il "succo" della sentenza. Queste le parole:

In considerazione dello scopo della direttiva 76/207, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, l' art. 5, n. 1, di detta direttiva osta al licenziamento di un transessuale per motivi connessi al suo mutamento di sesso. Infatti, poiché il diritto di non essere discriminato a causa del proprio sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana, la sfera d' applicazione della direttiva non può essere ridotta alle sole discriminazioni dovute all' appartenenza all' uno o all' altro sesso, ma si estende alle discriminazioni determinate dal cambiamento di sesso. Invero queste sono basate essenzialmente, se non esclusivamente, sul sesso dell' interessato, giacché licenziare una persona per il motivo che intende subire o ha subito un cambiamento di sesso significa usarle un trattamento sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata appartenere prima di tale operazione.

La Direttiva Europea sulle pari opportunità che aggiorna la citata 76/207, ampliando i diritti alle pari opportunità, riprende questa (ed analoghe altre) sentenza, purtroppo in modo inappropriato e persino interpretabile in modo opposto a quanto voluto dai Giudici, se non si risale alle origini citate dalla stessa Direttiva. La consideranda n. 3 della Direttiva Europea 2006/54 EC del 5 luglio 2006 "Sull'implementazione del principio di pari opportunità ed eguale trattamento di uomini e donne, in materia di impiego ed occupazione" dice testualmente:

The Court of Justice has held that the scope of the principle of equal treatment for men and women cannot be confined to the prohibition of discrimination based on the fact that a person is of one or other sex. In view of its purpose and the nature of the rights which it seeks to safeguard, it also applies to discrimination arising from the gender reassignment of a person.

Che, tradotto in italiano dovrebbe essere:

La Corte di giustizia ha ritenuto che il campo d'applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne non possa essere limitato al divieto delle discriminazioni basate sul fatto che una persona appartenga all'uno o all'altro sesso. Tale principio, considerato il suo scopo e data la natura dei diritti che è inteso a salvaguardare, si applica anche alle discriminazioni derivanti da un cambiamento di sesso.

Cosa ci dicono "in soldoni" questi due testi? Che tutte le leggi, regolamenti ecc. che si ispirino alle pari opportunità fra i sessi non possono essere applicate SOLO ED ESCLUSIVAMENTE a chi sia egosintonico con il proprio genere, ma devono esserlo anche per le persone con un genere (e non "identità di genere) egodistonico: quindi alla persona che - per la Corte - intenda subire o ha subito un cambiamento di sesso e -per la traduzione nella Direttiva - alla persona che abbia subito un cambiamento di sesso.

Per l'Italia e la grande maggioranza dei paesi Europei l'interpretazione letterale del testo del secondo capoverso della consideranda della Direttiva Europea suona come un "nonsense" giuridico. Infatti chi abbia già subito un cambiamento di sesso, di norma è anagraficamente riassegnato e pertanto rientra "d'ufficio" nelle pari opportunità fra i sessi. L'espressione "discriminazioni derivanti da un cambiamento di sesso" - affinché sia coerente con le Sentenze che la stessa Direttiva richiama - non può pertanto che assumere un significato "in itere", che all'espressione "cambiamento di sesso, non attribuisca il significato della sola fine di un percorso, ma di tutto il percorso, fin dal primo giorno che la persona si affida alle cure dei Sistemi Sanitari Pubblici con la diagnosi di "Disforia di Genere" (così come previsto dall'ICD 10 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che l'Italia finanzia e a cui aderisce).

Quanto in Italia siano di fatto applicate le leggi sulle pari opportunità per le persone transgender è sotto gli occhi di tutti: zero. Difficile anche vincere le cause di lavoro per una diffusa impreparazione sull'argomento sia degli studi legali, sia dei Giudici italiani in merito alle deliberazioni europee a riguardo. Dobbiamo ricordare che i "nostri casi" sono rari, si presentano raramente davanti alle corti italiane, per la semplice ragione che noi transgender siamo una minoranza estrema nel paese (secondo l'Onig non più di un tremila persone). Per questa ragione ci si batte affinché la consideranda 3 della Direttiva citata, venga meglio tradotta e inserita nel testo della nuova legge italiana sulle pari opportunità. Anche in questo caso però non compare la parola "identità di genere", ma solo "cambiamento di sesso", sia terminato, sia - per la Corte - anche soltanto "nelle intenzioni".

Transessuale, Genere e "cambiamento di sesso" (che deriva da una diagnosi di "Disforia di Genere" prevista dall'ICD 10 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità) sembrano essere gli unici termini cui si possa far riferimento nelle leggi italiane, affinché siano coerenti con le disposizioni europee di varia provenienza. Li riassumo:

  • Genere
  • Cambiamento di sesso
  • Transessuale
  • Disforia di Genere (o anche Disturbo dell'Identità di Genere - DIG)

Inoltre la legge Mancino non si occupa di "pari opportunità". Fa un salto in avanti nella protezione di strati della società vittime di stigma sociale. Per alcune di queste categorie, i reati sulla persona derivanti da odio o pregiudizio, costituiscono, per questa legge, un aggravante penale.
Non volere inserire la condizione "trans" (comunque la si voglia chiamare) tra le condizioni vittime di stigma sociale, se non facesse piangere, farebbe ridere. Fra tutte quelle previste dalla stessa legge Mancino attuale, è sicuramente la "categoria" più a rischio.
Su una popolazione prevista di 3000 persone transgender in Italia, siamo arrivati nei recenti anni a 5-6 omicidi chiaramente figli dell'odio, del pregiudizio, del considerarci poco più che "carne usa e getta", a causa dell'alta percentuale di prostituzione, a sua volta figlia della NON applicazione delle leggi sulle pari opportunità.
Ma "Identità di Genere" non piace alla destra. In realtà è ovviamente solo un cavallo di Troia per escluderci dai benefici della legge. non fosse altro per i contenuti degli interventi che accompagnano l'eccezione, di certo non in punta di diritto, ma fuori dai limiti della umana decenza.

Come possiamo reagire, e farlo in tempi brevi, per non farci escludere? Chinare la testa ai diritti che ci vengono assegnati dalla UE con parole che non ci piacciono o restare fuori dalle protezioni offerte dalla legge pur di difendere una parola, un concetto?

Personalmente sono una persona idealista, ma non ideologica. E fondamentalmente so che le persone che le Associazioni come Crisalide, rappresentano, non sono poi così interessate alle parole quanto ai diritti di fatto.
Per questa ragione è fondamentale rientrare dalla finestra rapidamente, dalla porta da cui ci vogliono cacciare.
Non vogliono tutelare l'identità di genere? Amen. Che tutelino la condizione transessuale (meglio sarebbe il meno obsoleto e più preciso "transgender".. ma tant'è.... i precedenti...), o le persone con Disforia di Genere o quelle che intendano sottoporsi o si siano sottoposte ad un cambio di sesso, che non necessariamente è collegabile alla presenza di un tipo di genitali o di altri, ma alla diagnosi medica e alla vita reale che si conduce. Una donna con clitoride ipertrofico e grandi labbra non aperte, in fondo, dal punto di vista estetico assomiglia più ad una persona transgender che ad una donna. Né valgono i cromosomi che, per gli intersessuati non vengono presi in considerazione per l'attribuzione di sesso, consentendo l'esistenza di uomini "xx" e di donne "xy" o "xxy".

Piaccia o non piaccia alle Destre, è fondamentale che per noi transgender sia applicata la legge Mancino. Vi è un motivo che vale su tutti gli altri. Sei omicidi (quindi escludendo le violenze che non portano alla morte) su una popolazione di 3000 persone, rappresentano lo 0.2% di eliminazione fisica all'anno. Sarebbe come ignorare l'assassinio di circa 5000 donne l'anno solo per il fatto di essere donne. Qualcuno si sognerebbe di mettere in discussione che si tratterebbe di una condizione di "stigma sociale"? Qualcuno discuterebbe se fossero reati tali da meritare una aggravante di pena, se questa fosse la condizione femminile oggi?

Questa la risposta che io so dare alla politica che mi interroga. Se altre persone sanno individuare altre risposte, semplici perché devono stare in poche righe, si facciano avanti velocemente. Il sapere è diffuso e nessuno è padrone incontrastato della conoscenza: mirella@mirellaizzo.it è dove scrivere per migliori proposte.
IMHO
Mirella Izzo (presidente onoraria)

Genova mercoledì 31 ottobre 2007