L'AFFAIRE "BOCCA DI ROSA" A GENOVA
24/02/2006

GENOVA SFRATTA BOCCA DI ROSA

Genova. Troppa violenza nel centro storico, la stagione della tolleranza è terminata. Prima entreranno in azione gli ispettori dell'Asl. Poi toccherà al sindaco Pericu spegnere le lanterne rosse e chiudere i bassi. Cancellare per sempre una delle immagini più conosciute di Genova, quella cantata da Fabrizio De André: «Via del Campo c'è una puttana».
Quello annunciato ieri è il primo atto di una serie di provvedimenti decisi per contrastare l'impennata di criminalità che si è registrata nei giorni scorsi nei caruggi più bui della città. Ma cosa c'entrano le prostitute con i rapinatori, con gli ubriachi che usano bottiglie di vetro spezzate come armi, con chi semina violenza per gelosia, oppure per quattro soldi e un telefonino?
Ieri sera il prefetto Giuseppe Romano ha assicurato che nei confronti delle prostitute non sarà«organizzata una crociata, perché non facciamo crociate». Poi ha spiegato i motivi dell'operazione: «La presenza delle prostitute crea problemi di disagio e favorisce la proliferazione di altre attività illecite, in primo luogo lo spaccio della droga».
Che cosa succederà? Nei prossimi giorni gli ispettori della Asl entreranno nei locali dove si esercita il mestiere più antico del mondo per controllare se hanno i requisiti di abitabilità. La polizia ne ha censiti almeno 35. Non importa a nessuno se le prostitute sono proprietarie dei muri, oppure se hanno preso in affitto i locali da qualcuno. Se non risulteranno a norma di legge, gli ispettori stenderanno una relazione che invieranno al primo cittadino.
Toccherà al sindaco scrivere la parola fine. Dovrà firmare lo sgombero e decretare la chiusura coatta del locale. Da vico Croce Bianca a via Lomellini, in tutta la zona dell'ex ghetto ebraico, ma anche all'inizio di via San Luca, tra Banchi e la Maddalena, e poi giù da via Garibaldi: le porte dei bassi chiuderanno per sempre.
Un po' di anni, per la verità, sono passati. Ma adesso sembra davvero un secolo. Durante il suo primo mandato Giuseppe Pericu aveva pensato di poter organizzare a Genova un quartiere a luci rosse, sullo stile di altre città europee, per "mettere ordine" al fenomeno della prostituzione. Ora per ridare sicurezza ai cittadini, dopo la recente impennata di violenza nella città antica, ha deciso di imboccare la strada opposta, quella della repressione. Addio Bocca di rosa.

CENTRO STORICO Riunito ieri il comitato per la sicurezza, nuove misure anche contro lo spaccio di droga - Il prefetto: chiusura per i bar che sgarrano. Censiti i bassi a luci rosse dei vicoli

Pugno di ferro contro la prostituzione, controlli serrati per verificare il rispetto dell'ordinanza del sindaco che prevede il divieto di somministrare bevande in contenitori di vetro oltre le 20, lotta ai venditori abusivi di alcolici ma anche ai supermercati che restano aperti la sera. E poi accompagnamento alla frontiera dei clandestini, quando ovviamente sussistono i motivi.
Ieri pomeriggio il prefetto di Genova, Giuseppe Romano, ha convocato il comitato per la sicurezza per affrontare il caso del centro storico. «Nessun allarme - ha detto Romano - ma occorre ristabilire la percezione di sicurezza, alla luce degli episodi di criminalità che hanno tenuto banco nelle ultime ore: su Pre' e su via del Campo saranno intensificati gli interventi di prevenzione, sono previsti controlli serrati per contrastare la criminalità tra Maddalena e San Bernardo».
La linea decisa dal comitato per ristabilire la sicurezza nel centro storico si muove su diverse direttrici. La prima riguarda il capitolo della prostituzione, a partire dai bassi, dove viene esercitato il meretricio. «Non sarà una crociata», ha sottolineato il prefetto. Ma è evidente che siamo di fronte a una svolta. La stagione della tolleranza è finita.
Nei giorni scorsi la polizia ha concluso il censimento dei locali dove viene esercitata la prostituzione. Nelle prossime ore entrerà in azione l'Asl: il compito degli ispettori sarà quello di verificare l'abitabilità dei fondi. Le singole relazioni saranno spedite al sindaco che, a quel punto, avrà l'obbligo di sgomberare e chiudere i locali che non risultano in regola. La sensazione è che pochi di questi possano sfuggire alla chiusura. «La lotta alla prostituzione - ha detto il prefetto - nasce dal fatto che si tratta di un fenomeno che favorisce la presenza di altre attività criminali, come ad esempio lo spaccio della droga».
Ma ieri il prefetto ha sottolineato un altro aspetto: quello dell'abuso di alcol, specie nei fine settimana. La decisione è stata quella di eseguire una serie di controlli serrati a 360 gradi. Il primo riguarda i venditori. Bar che non rispettano l'ordinanza del sindaco e che vendono bevande (anche non alcoliche) in contenitori di vetro oltre le 20 di sera. Un commercio vietato dall'ordinanza del sindaco. Ma a parte il capitolo dei bar, le forze dell'ordine cercheranno di contrastare tutti i fenomeni di abusivismo. Attività commerciali che non sono autorizzate a vendere alcolici, supermercati (negozi) che sono autorizzati ma che chiudono oltre le 20 e che non rispettano l'ordinanza, «che vale per tutti, non solo per i bar», e poi abusivi veri e propri, che nel fine settimana si improvvisano venditori. A proposito di bar, il prefetto ha ricordato di «avere il potere di revocare per sempre le licenze dei pubblici esercizi che non rispettano le norme di legge». «In tre anni - ha detto - l'ho fatto solo una volta». La sensazione è che potrebbe non essere l'ultima.
Nei prossimi giorni sono pronti due provvedimenti nei confronti di altrettanti bar. Per ora si tratta di sospensioni temporanee delle licenze firmate dal questore Salvatore Presenti. Ma se la situazione non dovesse migliorare, potrebbe davvero scattare la revoca definitiva.
Il prefetto ha poi affrontato un altro tema: quello dei clandestini. «Quando sarà possibile - ha detto - le forze dell'ordine provvederanno al riaccompagnamento alla frontiere dei cittadini extracomunitari che hanno violato le regole». Insomma, l'intenzione è quella di evitare che tutti i provvedimenti di espulsione finiscano nel nulla.
Sul pugno di ferro chiesto dal sindaco e promesso da prefetto e questore, i sindacati di polizia hanno forti timori. «Il fatto è che ancora una volta sarà chiesto uno sforzo enorme alle forze territroriali - commenta Roberto Traverso del Silp per la Cgil - senza contare che gli agenti sono in prima linea da mesi, hanno le spalle i disordini di piazza di questa estate e tutto il peso di un sistema in cui nessuno va mai a chiedere rinforzi a Roma».

LE "BOCCHE DI ROSA" DI GENOVA. NON CACCIATECI DAI CARRUGI

(di Patrizia Antonini)                                    
   (ANSA) - GENOVA, 23 FEB - ''Bocca di rosa'' non ci sta a farsi sfrattare dai bassi del centro storico genovese. E nella zona del vecchio ghetto che ha ispirato De Andre' con le sue ''gioiose'', il nome dei vicoli oggi si accompagna all'etnia delle prostitute che vi esercitano: trans italiani o lucciole straniere. Le piu' agguerrite sono pero' le transessuali, tutte italiane, che per la maggior parte sono proprietarie dei locali dove si incontrano con i clienti.
Proprio ieri nell'ambito di un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza presieduto dal prefetto Giuseppe Romano si e' parlato di un censimento di questi bassi per allontanare la prostituzione dai vicoli al fine di riqualificare la zona e contenere il fenomeno della criminalita' diffusa. Un censimento gia' fatto dalla questura che sara' portato all'attenzione del sindaco Giuseppe Pericu, per vedere, sulla base ad esempio dei requisiti sull'abitabilita', di chiudere questi locali.
Per ascoltare dei commenti netti dalle dirette interessate basta andare in vico della Croce Bianca, la zona delle trans, dove i bassi, taluni segnalati da lanterne rosse o da suggestivi lampioncini verdi, sono di proprieta' di chi ci lavora.
''Noi non siamo il problema. Perche' non si preoccupano di chi spaccia e ruba? A causa della criminalita' qui si vedono un quarto dei clienti che avevamo. La notte non c'e' piu' giro. E pensare invece cos'era un tempo via del Campo...'' spiega Anna, bellissima mora ammantata in una pelliccia di visone, che nel vicolo ci lavora da una decina di anni. ''Ho speso diverse decine di migliaia di euro per comprare questo locale. Io qui non ci abito, ci vengo per lavorare. Vede, questo e' un numero civico rosso, significa che e' un esercizio commerciale, io pago le tasse'', dice ancora Anna. ''Tre anni fa gli spacciatori li abbiamo mandati via a bastonate. Se non ci fossimo noi qui, sai che m... ci sarebbe qui'', aggiunge.
''Qui ci sono solo italiane, gli extracomunitari non li facciamo venire, portano problemi e noi di problemi non ne vogliamo. Ogni tanto tirano fuori questa storia che ci vogliono mandare via, ma poi non succede. Si e' mai sentito dire che per debellare il colesterolo si chiudono le pasticcerie?'', incalza Nadia, proprietaria di un basso vicino.
''Sono trent'anni che sono qui - dice ancora Laiza - e le persone che abitano nei palazzi sono contenti della nostra presenza perche' siamo un occhio vigile su quanto avviene in strada. Qui ci proteggiamo a vicenda, ci aiutiamo''.
Ad Anna, Nadia e Laiza piacerebbe che nella zona si creasse un eros center, ma sarebbero altrettanto contente se qualcuno offrisse loro un'opportunita' di lavoro diverso, una possibilita' di condurre una vita normale.
''Queste ragazze sono come dei poliziotti di quartiere che sorvegliano la situazione notte e giorno - spiega Mirella Izzo, presidente dell'associazione nazionale Crisalide azione trans -.
Loro allontanano le attivita' criminali. Sarebbe ingiusto cacciarle dai bassi che possiedono e lasciarle in mezzo ad una strada. Nulla deve passare sopra la loro testa, visto che lo stesso Comune non ha mai fatto nulla per facilitare il loro avviamento al lavoro. E se la risposta dovesse essere che e' tecnicamente impossibile, chiedano come hanno fatto ai loro colleghi di Bologna che hanno organizzato corsi di avviamento al lavoro per trans con relative assunzioni all'interno dell'amministrazione locale''.
Intanto nella zona della prostituzione sudamericana le reazioni sono piu' sfumate. ''Questa cosa non l'ho proprio sentita dire'', spiega una prostituta ecuadoriana di mezza eta' con un cappottino arancione seduta sugli scalini di una palazzina in vico dietro il coro della Maddalena. Sfodera un sorriso gentile e aggiunge ''comunque io qui ci abito''.     
All'ingresso dei palazzi vicini ci sono molte altre sue colleghe, poco distante, fuori da un'edicola, la locandina del Secolo XIX che annuncia il provvedimento.
Le marocchine e le nigeriane che stazionano in vico Rosa e vico Angeli preferiscono non parlare. Ed una lucciola storica, una prorompente italiana dai capelli neri corvini affacciata ad una finestra, che esercita in un appartamentino di piazza Lavagna, nega l'evidenza ''qui di prostitute non ce ne sono. Nei bassi ci sono solo bar e negozi''. (ANSA).

«Non siamo delle criminali qui ora la vita è tranquilla»

Jenny ha appena iniziato a far ristrutturare il bagno, che è sistemato alle spalle del letto matrimoniale, dietro la tenda rossa. È un travestito e non vuole dire la sua età: «non si chiede a una signora». Ma la porta del suo basso in vico dell'Olio si apre senza problemi. «Prego si accomodi». La copia del Secolo XIX è sul tavolo del piccolo ingresso, vicino all'impianto stereo. «Vogliono chiudere i bassi - dice - ma cosa c'entriamo noi con la criminalità? Sono quasi dieci anni che lavoro qui: e ora la situazione è tornata tranquilla. La moschea che ha aperto recentemente all'angolo ha portato via un po' di clienti, ma ha anche portato una maggiore tranquillità nel quartiere». Sopra la porta di legno verde c'è«la finestra», un lucernaio che al posto del vetro ha un foglio di naylon. «Dì la c'è il bagno e presto - afferma Jenny - presenterò domanda per chiedere l'abitabilità».
Vico dell'Olio è una parallela di via del Campo, proprio a due passi dalla piazza che ospita l'effige di De Andrè: ma Bocca di Rosa qui è sparita da un pezzo. Nell'ex ghetto ebraico non ci sono più donne da anni, solo travestiti. E quando cala la notte sono in pochi ad avventurarsi tra i vicoli. «È la brutta fama di vico Croce Bianca - spiega Jenny - a tenere lontani i clienti di sera». Sull'angolo di vico dell'Olio c'è un ristorante che ha appena aperto, poi bisogna salire su per salita Santa Sabina per trovare altre "lanterne rosse". Un attimo e la luce del sole sparisce sotto il reticolo di impalcature che stringe i palazzi in via di ristrutturazione. L'uscio del basso di Ulla si apre su vico delle Cavigliere: «Lavoro in quest'appartamento dal 2000 - spiega la "bionda" - qui è tutto in ordine». È proprio vero. La pulizia regna sovrana, i muri sono imbiancati, il pavimento è pulitissimo come il bagno. «Ma dopo il lavoro - afferma Ulla - vivo altrove».
Il basso di Laura si trova una decina di metri più in su, «l'ho appena venduto a chi ha comprato tutto il palazzo e ora sono in affitto. È stato un affare. Ma ora ho un contratto regolare». Non piace per niente quest'idea di controllare l'abitabilità dei bassi, annunciata l'altro giorno dal prefetto: «Tempo fa - spiega Laura - siano state noi a scrivere al prefetto per chiedere maggior controlli. Le forze di polizia lo sanno: quando serve collaboriamo».
Dall'altra parte del centro storico, entrare in un basso senza "consumare"è impossibile. Colombiane, venezuelane, marocchine. Vico Boccanegra, vico Angeli, vico del Duca, vico Salvaghi. Ogni caruggio che scende da via Garibaldi verso la Maddalena pullula di ragazze di ogni etnia: «Noi siamo vestite», dicono le magrebine, «vai di là a fare le domande: quelle sono scoperte e ti godi lo spettacolo gratis». Alla vista del fotografo, però, le sudamericane discinte si barricano dietro la porta: «Fateci lavorare».
Piazzetta degli Orti di Banchi è uno scorcio meraviglioso, le chicas sono sedute sulla sedia e sulle scale: «Noi non avremo problemi - dicono - stiamo solo davanti al portone e poi saliamo in casa».
Vico di San Sepolcro collega via San Luca a piazza delle Vigne: sulla porta dei bassi ci sono le sudamericane. «È permesso?»«No. E poi non parlo l'italiano». La luce del comodino dietro la tenda azzurra si spegne subito, mentre due passi più in là si chiude la porta.
«Scusa, come ti chiami?»«Mi chiamo Teresa, ma non voglio parlare». «Almeno una cosa: hai sentito? Vogliono chiudere i bassi». «Magari, così finalmente me ne vado». C. Cav.
24/02/2006