COMUNICATO STAMPA

SUL CASO SGARBI / BUGATTI /BAUDO

Vittorio Sgarbi scopre “vicino alla sua pelle” il sapore amaro della discriminazione.
Un sapore che migliaia di transessuali italiani provano direttamente sulla propria ogni giorno, quando cercano occupazione o quando devono difendere la propria dignità in quella che hanno.
Il caso Bugatti è un fatto emblematico di una realtà molto più diffusa e che ha un nome: transfobia
Noi che siamo transessuali e prestiamo la nostra opera di volontariato per tutelare e promuovere i diritti delle persone transessuali e transgender, conosciamo dolorosamente tutti gli aspetti – anche quelli meno visibili – di questa realtà.
Ringraziamo Sgarbi per la sua decisione di essere solidale con Cristina Bugatti, esclusa a priori dalle trasmissioni televisive del “Dopo San Remo” perché transessuale.
L’onorevole dichiara che le persone devono essere valutate per il loro valore, la loro intelligenza e non per “quello che hanno in mezzo alle gambe”.
Dice una cosa apparentemente ovvia che è però molto lontana dalla realtà, come esso stesso ha potuto verificare.
Peraltro anche la Chiesa Cattolica si è recentemente pronunciata “contro” le persone transessuali, escludendole tout court dalla “vita religiosa” presumendo (contro ogni scientificità) che tale condizione sia da considerarsi un “disturbo mentale” inguaribile. Forse Baudo - notoriamente cattolico - si è fatto influenzare o forse è “naturalmente” in linea con le posizioni vaticane.
Più semplicemente egli rappresenta una mentalità molto diffusa in Italia nei confronti delle persone transessuali. Escluse a priori. Emarginate. Allontanate dalla visibilità perché soggetti “travianti”.
Persino Eva Robin’s ha dovuto farsi passare per “ermafrodita” per molti anni pur di ottenere la meritata visibilità.
Ma per un’Eva Robin’s che “ce l’ha fatta” o una Cristina Bugatti - che per merito delle sue doti artistiche, ci auguriamo, riuscirà a imporsi comunque nel suo lavoro - ci sono tante altre ragazze e ragazzi transessuali che vengono sopraffatti da un mondo del lavoro che li rifiuta (tenuto conto che gli altri ambienti lavorativi sono ben più “chiusi” di quello dello spettacolo).
Noi transessuali potremmo dire di non essere più discriminati quando avremo il “diritto alla mediocrità”, diritto che - ci pare di vedere anche da questi fatti - sia garantito ad una folta parte del resto dell’umanità.
Ma al di là dei commenti e dello sdegno, per porre fine a queste situazioni sono necessari anche degli strumenti. Strumenti che esistono ma che sono poco conosciuti in Italia.
E’ bene che si sappia, che sia noto a tutti, specie ai tanti “Pippo Baudo” che riempiono l’Italia, che la sentenza della Corte Europea del 30 aprile 1996 “P. contro S. e Cornwall County Council” vieta esplicitamente ogni forma di discriminazione sul lavoro per le persone transessuali ed equipara tali discriminazioni alle quelle per “sesso”.
Più semplicemente, per le persone transessuali vale in pieno la legge n° 903/77 "Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro" ed anche la legge n°125/91 "Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro". Strumenti che riteniamo giusto usare, senza piegare la testa.
Lo diciamo a Cristina Bugatti, ma cogliamo l’occasione di “visibilità mediatica” che si è creato, per comunicarlo anche a tutte le persone transessuali che si trovano in difficoltà per motivi di lavoro ed anche ai loro legali che spesso ignorano questo importante strumento per la tutela dei nostri diritti.
Per quanto ci riguarda, mettiamo a disposizione le nostre conoscenze per la tutela di Cristina e di tante e tanti altri anonimi transessuali pesantemente emarginati a causa della loro condizione.
E ovviamente le mettiamo a disposizione di Vittorio Sgarbi e di qualsiasi donna o uomo politico che voglia contribuire a contrastare l’odioso fenomeno della transfobia.

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Genova, 22 febbraio 2003

Mirella Izzo
(presidente Crisalide AzioneTrans - onlus)

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