EDITORIALE del 22 Luglio 2005
a cura di Mirella Izzo

"NECESSARIO CAMBIO DI STRATEGIA E OBBIETTIVI SULLA TUTELA DELLA PRIVACY E SULLA LEGGE PER IL CAMBIO ANAGRAFICO DEL GENERE SESSUALE: piccola SOLUZIONE? " E' TROPPO PICCOLA PER NOI... TROPPO PICCOLINA"

Sebbene Crisalide abbia sempre considerato la cosiddetta "piccola soluzione" un obiettivo di ripiego per il movimento transgender italiano (basta leggere il Manifesto AzioneTrans per averne antica prova), per anni abbiamo dato il nostro contributo per farla "passare" anche in Italia, appoggiando e intervenendo sui progetti di legge a Firma De Simone, giacenti in parlamento e mai calendarizzati per l'inizio dell'iter legislativo. Fortunatamente a questo punto, aggiungo.
Che cosa è questa "piccola (piccolissima) soluzione" che il movimento trans italiano si era prefissato negli anni scorsi come obbiettivo da raggiungere e a cui Crisalide si è adeguata?
Semplice la "piccola soluzione" è una scopiazzatura della legge tedesca sul cambio di nome e di sesso. Una legge degli anni '70, precedente a tutte le pronunce europee sulla condizione transgender e transessuale, precedente all'evoluzione scientifica nello studio dell'eziogenesi del transessualismo, precedente all'aria nuova che si respira in Europa.
La legge tedesca prevede per le persone transessuali due possibili percorsi: la "grande soluzione" (che più o meno ricalca la legge italiana sul cambio di sesso che obbliga all'intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo dei genitali per garantire il cambio anagrafico di "sesso") e, appunto, la "piccola soluzione" che non obbliga la persona trans a tali interventi ma che consente solamente il cambio di nome e non di genere sessuale sui documenti.
Per semplificare in Germania io potrei essere sui documenti il signor Mirella Izzo.

Quali vantaggi offrirebbe la piccola soluzione?
Avere un documento con un nome adeguato al genere in cui si vive elimina una grande quantità di imbarazzi nella vita quotidiana della persona transgender o transessuale in attesa di intervento.
La presentazione di documenti di identità e/o di carte di credito, bancomat, postamat ecc. è ormai una necessità quotidiana che si svolge spesso in ambienti pubblici. Vedersi rifiutare il "bancomat" con la frase "mi spiace ma questa carta non è sua" o sentirsi chiamare ad alta voce con il nome che viene letto sui documenti in ambienti pubblici, sono alcune fra le tante situazioni di imbarazzo quasi quotidiano delle persone transessuali non riassegnate anagraficamente (e quindi non operate ai genitali). La piccola soluzione - consentendo di portare su patente e carta d'Identità un nome consono al proprio genere - sicuramente offre una protezione alla privacy della persona trans.
Una privacy davvero parziale però, specie per le cose che importano maggiormente.

Quali limiti ha la "piccola soluzione"?
Molti, moltissimi. Cambiare solo il nome sui documenti renderebbe una persona come me, semplicemente "il signor Mirella Izzo". E a parte la "schizofrenia" linguistica sarebbero comunque molte le occasioni in cui la privacy verrebbe comunque violata.. e purtroppo proprio nelle situazioni che contano davvero!
Immaginando che uno dei pdl sopracitati diventasse legge oggi stesso in Italia, succederebbe, ad esempio, che "il signor Mirella Izzo" (di sesso maschile) quando andrà a votare dovrà comunque infilarsi nella fila degli "uomini" per depennare il proprio nominativo dalla lista di chi ha votato.
Ma fosse tutto qui.... Qual'è il problema più pregnante nella vita delle persone trans in italia? La discriminazione ed in modo particolare la discriminazione sul lavoro e, scendendo ancor più nel dettaglio, nel trovare lavoro.
Con le leggi attuali abbiamo raccolto decine di testimonianze di transessuali non riassegnate in cerca di lavoro la cui storia si sovrappone l'una uguale all'altra. Questo in genere l'evolversi degli eventi:
La trans (o il trans) si presenta per i colloqui o per i test psicoattitudinali,
li supera brillantemente e viene convocata/o per la firma del contratto. Al momento della presentazione dei documenti (difformi ovviamente fra aspetto e nome) con le più svariate scuse, la decisione di assunzione viene improvvisamente ribaltata. Talvolta persino accusando la persona transessuale di "non essere stata onesta" nel dire subito di essere trans (sic!). Alcuni di questi casi sono anche finiti sui giornali.
Cosa accadrebbe se avessimo la "piccola soluzione"? La stessa transessuale che ha superato brillantemente il colloquio o la selezione e che verrebbe quindi chiamata per la firma del contratto, presenterebbe la sua carta di identità senza subire conseguenze (il nome è convergente) ma, immediatamente dopo, presentando il Codice Fiscale (formulato diversamente per uomini e donne), verrebbe a quel punto comunque respinta (con le solite svariate scuse).
Si perché senza il cambio di genere sessuale, il nome femminile (o maschile per gli ftm) sui documenti resta un palliativo solo per le situazioni legalmente non signficative. Per il resto (ovunque serva il codice fiscale o il Passaporto) la "piccola soluzione" è una "non soluzione", un palliativo.
Tornando all'esempio del colloquio di lavoro, il documento con il solo nome congruente con l'aspetto, potrebbe convincere all'assunzione solo quei datori di lavoro che oggi ci rifiutano per "imbarazzo" sul come gestirci, ma nessuno di coloro i quali agisce per pregiudizio.
Ma il primo tipo di datore di lavoro, spesso utilizzando l'informazione - magari l'opuscolo "Transessualismo e Lavoro" che si è dimostrato valido nella prassi - alla fine riesci a convincerlo anche senza che il nome sulla carta d'identità corrisponda al genere in cui la transgender vive. Essi rappresentano però una piccola minoranza. Quindi di fatto il cambio di nome sulla carta d'identità senza la modificazione del codice fiscale diventa quasi totalmente inutile per la "questione lavoro" a cui teniamo fortemente.
Trovare quindi una soluzione al 10% è una soluzione? A nostro parere no.

Perchè - se ha questi limiti - è stato un obbiettivo del movimento trans italiano e anche di Crisalide?
Per svariate ragioni. La prima delle quali, a mio parere, è stata la paura di osare troppo, soprattutto in un quadro politico e religioso ostile alla nostra condizione di persone che transitano da un genere all'altro.
Una seconda ragione è stata quella della "politica dei piccoli passi" a cui Crisalide si è piegata esclusivamente per non minare la compattezza del già così debole movimento trans italiano. Ma in Italia se riesci a cambiare una legge poi è difficile toccarla per molti decenni. Ottenere la "piccola soluzione" oggi signficherebbe chiudersi le porte per un obbiettivo più elevato ed essenziale per risolvere davvero le problematiche anagrafiche delle persone trans. Perché diciamolo, ogni eventuale ulteriore richiesta di cambiamento otterrebbe la risposta "ma vi abbiamo appena accontentato, cosa volete ancora?".
Partire in una qualsiasi rivendicazione chiedendo fin da subito l'obbiettivo di ripiego è concettualmente sbagliato perché, contrattando, alla fine otterrai - se proprio va bene bene - quello che hai chiesto e niente di più.
Basterebbe imparare dai mercanti di tutto il mondo cosa è la contrattazione... Si chiede il 100% di quello che si vuole e se non ci si riesce - ma solo dopo averlo verificato - si scende a compromessi...
Il punto è che il quadro politico e l'influenza vaticana sulla politica italiana erano talmente foschi da indurre a pensare che ottenere la "piccola soluzione" sarebbe stata comunque una grande vittoria.
Un terzo motivo è stata la necessità del movimento trans di "vincere qualcosa" dopo 20 e passa anni l'approvazione della legge 164. Una sorta di autogiustificazione ad esistere.
Non sono mai stata davvero convinta di queste motivazioni ma alla fine anche in me e nell'Associazione, ha prevalso la sensazione che poter far scrivere alle trans e ai trans italiani sulla patente o sulla carta d'identità un nome che viene oggi sistematicamente rifiutato, potesse essere, almeno formalmente, un buon incasso (in realtà io sono anni che scrivo documenti ufficiali indicandomi come Mirella Izzo e firmandomi come Mirella Izzo aggiungendo una micropostilla a pié di pagina con indicata la dicitura "nome anagrafico: XxxxxO" e sono sempre stati accolti, a tutti i livelli, senza alcuna contestazione).
Quindi l'adesione alla richiesta di una legge per la "piccola soluzione" è sempre stata per Crisalide, un ripiego di fronte alla convinzione assoluta del resto delle componenti del movimento trans che "modificare la 164 porterebbe ad una legge ancora peggiore".

Perché abbandonare questo obbiettivo se ci si è lavorato per anni per riuscire a portare progetti di legge in Parlamento? Perché proprio ora?
Semplice ma è necessaria un po' di attenzione per comprenderne le motivazioni.
In questi ultimi anni sono accadute alcune cose molto importanti in diversi ambiti della cultura, in Europa: la Gran Bretagna, dopo aver collezionato, una lunga serie di condanne (costose) dalla Corte Europea di Giustizia per non aver mai legiferato sul cambio di sesso, finalmente si decide a farlo. E lo fa, introducendo una novità assoluta per la civiltà occidentale. Approva una legge che prevede il cambio del genere sessuale, a prescindere da interventi chirurgici di ogni sorta e rende il procedimento di tipo amministrativo e non "penale" come in italia (volontaria giurisdizione per l'esattezza.. una via di mezzo fra penale e civile).
Dopo pochi mesi la Spagna di Zapatero preannuncia una legge analoga a quella inglese.
Ora, dato che viviamo in un paese superficiale come ben pochi al mondo (la frase esatta sarebbe "paese di merda"), il risalto mediatico della "rivoluzione culturale" che queste leggi propongono, è stato evidenziato dai media soprattutto dopo l'annuncio spagnolo. Per la legge già vigente in UK da mesi, pochi articoli e con poca rilevanza. Fa comodo addossare a Zapatero questa legge in quanto egli e il suo governo sono ormai visti in Italia come "estremisti" dei diritti civili persino da buona parte del "fronte" del centro-sinistra.
Ragionare sul fatto che questo modo di vedere e interpretare il diritto sulla questione del "sesso", sia stato introdotto dal moderatissimo Blair, avrebbe necessariamente richiesto un'analisi più approfondita dei perché della scelta di quel governo, rispetto a quanto si possa fare con Zapatero, che ormai viene quasi ovunque liquidato come un eccentrico rivoluzionario, più che un attento riformatore.
Quindi la prima ragione è che le sentenze della Corte di Giustizia Europea e della Corte sui Diritti dell'Uomo hanno portato la Gran Bretagna ad una legge concettualmente nuova rispetto alle altre preesistenti. Esiste pertanto un precedente e mezzo (la Spagna approverà la legge, ha la maggioranza per farlo), che non possiamo ignorare.
La seconda ragione è di tipo culturale, derivante dai più avanzati studi di varie branche della medicina che sempre più comprovano che il sesso degli umani (ma anche degli innocenti ratti immolati quotidianamente alla ricerca medica) non è nei genitali ma nel cervello, sia dal punto di vista morfologico, sia funzionale, sia genetico (vedi - fra gli altri - il più recente studio svedese pubblicato su queste pagine).
Se anche non esiste un marker cerebrale o genetico per indicare il vero sesso di una persona - e probabilmente non esisterà mai in senso assoluto proprio perché la complessità psiconeurologica dell'essere umano rende qualsiasi candidato "marker" più una predisposizione che un sistema di "identificazione certa" - è ormai chiaro che l'identità di genere degli esseri umani risiede nel cervello. La riconoscibilità del sesso in base ai cromosomi o - peggio - alla superficiale visita ai genitali del neonato, è pertanto oggi scientificamente arretrata, incerta, imprecisa.
Queste scoperte danno forza alle idee. Se il sesso è nel cervello (quindi, nella sua parte più facilmente riconoscibile, anche nella sua psiche), basare l'attribuzione sessuale esclusivamente sui genitali o sui cromosomi è una pratica ormai anacronistica.
Politica/Scienza e anche coscienza generale (almeno dell'Europa laica, se non dell'italietta sotto attacco per diventare succursale vaticana) sono quindi cambiati.
Peraltro con il comunicato stampa dell'otto maggio 2005, due fra le più importanti associazioni trans italiane, Crisalide e Mit, hanno ufficializzato l'aggiornamento della propria agenda politica, con l'esplicita richiesta che anche in Italia si vari una legge analoga a quelle inglese e spagnola.
Infine, come movimento GLBT Nazionale, siamo alla vigilia della presentazione di una bozza delle rivendicazioni del movimento da sottoporre ai candidati alle primarie dell'Unione. E' quindi il momento, persino urgente, di avere ben chiaro in testa cosa chiedere e quali conseguenze potrebbero derivare dalle nostre richieste. Mantenere in agenda oggi la "piccola soluzione" significa blindare chissà per quante legislature la nostra condizione ad una soluzione talmente piccola da non essere neppure una soluzione e proprio nel momento in cui i governi "liberal" di "sinistra" (persino il moderatissimo Blair) europei ci sorpassano di anni luce di progresso nel campo dei diritti civili. E poi persino il paese inventore della "piccola soluzione" (la Germania) sta pensando di abbandonarla per una più innovativa con diversi progetti di legge simili alle leggi inglese e spagnola.

Le obiezioni al cambio di "agenda politica"
Non hanno tardato ad arrivare e anche da fonti autorevoli interne al movimento LGBTQ italiano.
"L'italia non è la Spagna... in Spagna fanno una legge sul matrimonio omosessuale, qui noi chiediamo al massimo le "Unioni Civili", quasi a voler significare un'analogia fra le diverse richieste in ambito omosessuale fra altri paesi europei e l'Italia e a indurre a pensare che qui ci "dobbiamo accontentare" anche noi transgender.
Questo paragone però non regge sotto molti aspetti:

  1. er l'Italia, introdurre il matrimonio gay richiederebbe obbligatoriamente una revisione della Costituzione Italiana.. una legge costituzionale che quindi necessiterebbe di una maggioranza impossibile da immaginare vista la presenza trasversale del "blocco ideologico" di stampo cattoclericale (mi rifiuto di usare il termine cristiano in questa battaglia vaticana per l'oscurantismo dei diritti umani);
  2. una significativa parte dell'associazionismo gay e lesbico è da anni concettualmente contrario al matrimonio omosessuale in quanto non ritiene che il "diritto" ad essere accolti in una "istituzione" ormai in stato catatonico sia una conquista ma che la battaglia è per i diritti relativi a questioni decisamente più concrete e non legate ad un istituto religioso: diritto alla reversibilità della pensione fra persone che si amano e convivono, diritto all'accesso alle informazioni sanitarie della persona che si ama a prescindere dal sesso, diritto all'eredità fra persone che si amano a prescindere dal sesso. Questi i principali obbiettivi. E si raggiungono al 100% con una legge sulle unioni civili.
  3. al contrario la piccola soluzione non garantisce neppure il 10% dei diritti che verrebbero conseguiti con una legge analoga a quella britannica e in più non richiede alcuna revisione costituzionale;
  4. di più. Al limite e in subordine alla richiesta di una nuova legge, in Italia si potrebbe raggiungere l'obbiettivo di cambiare "genere sessuale" sui documenti semplicemente con una circolare interpretativa autentica della già esistente legge 164/82. Tale legge infatti, nell'articolo che descrive l'iter processuale (l'art. 2) non menziona alcun genere di obbligo a modificazioni chirurgiche. Ciò è talmente vero che molti noti costituzionalisti interpretarono originariamente in tal modo la legge e solo la giurisprudenza successiva la negò, traformando una legge a favore delle persone trans in una legge di puro "controllo" sociale e di affermazione sessista. Certo senza una nuova legge, la questione del cambio di sesso, resterebbe in ambito giuridico e non amministrativo e questo sì, può oggi essere l'unico subordine accettabile per le nostre richieste. Una nuova legge analoga a quella inglese o, in subordine, una circolare di interpretazione autentica della l. 164/82 che indichi chiaramente che il ricorso al chirurgo è, nel testo stesso della legge, una semplice opzione addizionale (art. 3 "qualora si renda necessario" dove il "necessario" dovrebbe essere la richiesta della persona transessuale e niente altro. Ovvero quando la persona transessuale ne senta il bisogno, si autorizza l'intervento chirurgico, senza inficiare l'art. 2 che non si subordina all'art. 3 per il cambio anagrafico).

Per questi motivi invitiamo in primis le altre componenti dell'associazionismo trans che già non lo abbiano fatto a condividere questo indispensabile cambiamento delle nostre agende rivendicative, in seconda battuta chiediamo a tutto il movimento LGBTQ a prendere nota di questo cambiamento che è figlio dell'evoluzione dell'andamento politico europeo, in terza battuta chiediamo ai nostri parlamentari che hanno preso a cuore le nostre problematiche a studiare insieme a noi le nuove rivendicazioni e a dar loro una forma presentabile in Parlamento, abbandonando pertanto i pdl sulla "piccola soluzione" che ormai per questa legislatura non dovrebbero più essere calendarizzati.
Anzi chiediamo esplicitamente che non lo siano o che vengano ritirati.

Genova 22/07/2005
Mirella Izzo
presidente Crisalide AzioneTrans Onlus