Lettera aperta - Qualche considerazione sul dibattito relativo al Pacs.

di Stefano Fabeni e Gigliola Toniollo

Il dibattito di questi giorni intorno alla questione del patto civile di solidarieta' e di quale riconoscimento conferire alle convivenze more uxorio ed alle unioni formate da persone dello stesso sesso ha sollevato polemiche, discussioni, prese di posizione che nella maggior parte dei casi si rivelano totalmente inadeguate, imprecise e strumentali. Senza negare l'importanza del dibattito sul progetto di legge, proprio nell'ottica della possibilita' e della liberta' di organizzazione della vita familiare in forme diverse, e del riconoscimento dei diritti, obiettivo primario che naturalmente condividiamo, riteniamo necessario fare chiarezza su molti dei punti che sono stati sollevati.

 

La Costituzione, innanzi tutto. L'articolo 29 della Costituzione stabilisce che "la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio". Il favor legitimitatis che la costituzione riconosce alla famiglia fondata sul matrimonio non preclude il riconoscimento di altre formazioni sociali (di natura familiare) sulla base dell'articolo 2 della Costituzione stessa. Secondo l'intenzione degli stessi Costituenti, la definizione di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, peraltro elaborata da Togliatti, non aveva valenza giusnaturalistica, ma stava ad indicare che “la famiglia, come formazione sociale primigenia, preesiste allo Stato e, in questi termini, deve essere tenuta in particolare conto. Lo stesso Moro riteneva che non si erano voluti riconoscere i diritti naturali della famiglia, ma piuttosto la famiglia come società naturale nel senso indicato. Avendo ancora in considerazione il testo dell'art. 29, è palese che non si è voluto sovrapporre matrimonio e società naturale: al contrario la famiglia è una società naturale, indipendentemente dal matrimonio, il quale semplicemente, riguardo alle sue caratteristiche giuridiche, ne rafforza la protezione”. Secondo la lettera del testo costituzionale non v'e' alcun ostacolo al riconoscimento delle convivenze more uxorio ne', tanto meno, al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, che, al contrario, sarebbe conforme al principio di uguaglianza formale di cui all'articolo 3 c. 1 della Costituzione e al principio di uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 comma 2. Se certamente non e' attribuibile alla volonta' dei Costituenti l'intenzione di ammettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nel caso specifico, per il fatto stesso che il comma 2 dell'articolo 29 conferisca alla legge il potere di regolare i contenuti del matrimonio, una interpretazione di carattere “storico” in un contesto sociale e culturale profondamente mutato nel corso degli ultimi sessanta anni potrebbe apparire una forzatura non troppo lontana dalla posizione “originalista” del giudice conservatore della Corte Suprema degli Stati Uniti Antonin Scalia.

 

Veniamo al Patto civile di solidarieta'. Il Pacs e' un istituto non gia' in vigore in numerosi paesi europei, bensi' esclusivamente in Francia e, piu' recentemente, in Lussemburgo e Andorra. Gli altri paesi europei che hanno introdotto forme di unione registrata lo hanno fatto con il proposito di riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso: non ci riferiamo al matrimonio introdotto nella Spagna di Zapatero, ma piuttosto al partenariato registrato, che da un punto di vista sostanziale e' piu' o meno assimilabile al matrimonio, ad eccezione del nomen iuris, gia' introdotto nei paesi scandinavi da ormai quasi vent'anni, ma anche nel Regno Unito di Blair, cosi' come nella Germania di Schroeder. Solo in casi isolati il modello del partenariato registrato e' stato utilizzato per tutte le coppie more uxorio (precisamente in Belgio e Paesi Bassi, che hanno tuttavia introdotto il matrimonio per le coppie dello stesso sesso, rimuovendo gli ostacoli di natura formale e sostanziale alla realizzazione del principio di uguaglianza). Per il resto, il riconoscimento delle convivenze more uxorio in Europa e' generalmente avvenuto mediante l'estensione di una parte piu' o meno ampia dei diritti derivanti dal matrimonio, sulla base della convivenza stabile. Il Pacs francese e' pertanto un istituto piuttosto particolare, e certamente un caso (quasi) isolato, problematico sotto certi aspetti sia per la sua caratteristica di “ibrido giuridico”, data la sua natura giuridica meramente contrattualistica, che in parte contraddice la sua essenza di istituto di diritto di famiglia, sia per il complicato rapporto con e l'evidente subordinazione all'istituto matrimoniale che lo rende problematico in termini di uguaglianza formale e sostanziale. Non a caso, l'ambiguita' dell'istituto hanno indotto la giurisprudenza francese ad applicare al Pacs diverse regole previste per il matrimonio (ad esempio in caso di scioglimento o di doveri coniugali). 

 

La proposta italiana, rappresenta certamente una soluzione pragmatica, ma allo stesso tempo estremamente problematica. Intanto occorre precisare un aspetto preliminare, che non e' stato chiarito a sufficienza: la proposta di legge n. 3296 dell'On. Grillini che, secondo quanto indicato, dovrebbe costituire il modello che verra' proposto nella prossima legislatura, regola due situazioni: il patto civile di solidarieta', che presuppone una procedura di registrazione, e comporta il riconoscimento di una gamma piu' ampia di diritti, e l'unione di fatto, che sulla base della semplice convivenza riconosce a due conviventi una serie di diritti prevalentemente extra-patrimoniali. Mentre il Pacs non puo' essere contratto tra ascendenti, discendenti, fratelli o sorelle, affini in linea retta, o in presenza di adozione, l'unione di fatto presuppone la semplice convivenza.

Tale proposta e' problematica non solo per gli stessi aspetti poc'anzi indicati con riferimento al modello francese, ma altresi' perche' rischia di sovrapporre questioni profondamente differenti, estendendo in modo non sempre chiaro a unioni formate da persone dello stesso sesso, unioni affettive di persone di sesso opposto, e coabitazioni non di natura affettiva una gamma di diritti, sul presupposto della registrazione (Pacs) o della convivenza (unione di fatto).

 

Tuttavia, queste diverse situazioni si fondano su presupposti diversi e necessiterebbero di soluzioni differenti. Se la proposta di legge in oggetto puo' effettivamente rappresentare uno strumento efficace per le convivenze more uxorio formate da persone di sesso diverso e legate da un vincolo affettivo, un primo problema sorge dall'assimilazione delle convivenze non affettive. In questo senso la natura dell'istituto e' ambigua: s'e' detto da piu' parti che il Pacs potrebbe costituire una soluzione adeguata al caso di due fratelli che convivano, o due anziani che condividano un appartamento per dividere i costi; la proposta di legge vieta tuttavia a due fratelli di contrarre un Pacs, ma al piu' di godere dei diritti derivanti dall'essere parte di una unione di fatto; due anziani non legati da alcun rapporto di parentela o affinita', ma neanche legati da vincoli affettivi, possono invece contrarre un Pacs: ma siamo certi che in questi casi sia opportuno garantire una vasta gamma di diritti? E se il proposito e' quello di garantire i diritti derivanti dalla convivenza (di fatto o registrata), indipendentemente dalla sussistenza del vincolo affettivo, per quale ragione soltanto due persone, e non tre o quattro (si veda il caso di tre amici o fratelli conviventi), possono, a seconda di quanto stabilito dalla legge, istituire un Pacs o essere parte di un'unione di fatto? E perche' se il vincolo affettivo non e' una caratteristica del patto civile di solidarieta' ne viene precluso l'accesso a quegli stessi soggetti cui viene precluso l'accesso al matrimonio? Occorre certamente una risposta a questa ambiguita' di fondo, che puo' indurre a facili equivoci e, nel caso di approvazione della legge, a enormi problematiche nella sua applicazione. E a tal proposito e' opportuno abbandonare una posizione di mera opportunita' politica e scarsa onesta' intellettuale ed ammettere che il Pacs e' un istituto che si propone di riconoscere nuove forme di famiglia.

Un altro problema e' rappresentato dalle coppie formate da persone dello stesso sesso, per le quali il Pacs rimane una soluzione debole sia dal punto di vista formale, rispetto all'istituto matrimoniale, sia dal punto di vista sostanziale, perche' alle coppie formate da persone stesso sesso non sarebbe disponibile la stessa gamma di diritti previsti invece per le coppie formate da persone di sesso diverso.

 

Questi aspetti problematici hanno certamente alimentato la confusione degli ultimi giorni. I discorsi fatti da diversi leader del centrosinistra sono censurabili sotto diversi profili. Nel difendere il Pacs, tanto Romano Prodi quanto Piero Fassino e altri leaders del centro-sinistra hanno tentato di promuovere un'agenda fittiziamente progressista facendo invece uso di un linguaggio conservatore, certamente piu' vicino alla retorica di Bush che al pensiero di Blair, Shroeder o persino Chirac. L'interpretazione rigida della Costituzione, che ha fatto sostenere agli stessi Prodi e Fassino che la famiglia e' soltanto quella fondata sul matrimonio e formata da coppie di sesso diverso e' preoccupante: non solo perche' si tratta di una mistificazione del dettato costituzionale (il divieto rispetto al matrimonio tra persone dello stesso sesso e' infatti inesistente), ma anche perche' tale posizione rischia di minare anni di battaglie per il riconoscimento sociale della dignita' della famiglia di fatto: secondo questo ragionamento, che pare piu' un arroccamento su posizioni difensive che non un argomento propositivo, potremmo facilmente giungere al paradosso di ritenere che una madre singola con figli non costituisca un nucleo familiare perche' tale nucleo non si fonda sul matrimonio, riportando il paese indietro di almeno 40 anni, e negando aspetti che persino la Corte Costituzionale ha riconosciuto nel tempo, ammettendo in alcune decisioni la rilevanza costituzionale della famiglia di fatto, e la conseguente perdita del carattere di esclusività della famiglia legittima (si veda, a titolo di esempio, C. cost., 26-29 gennaio 1998, n. 2). 

Non merita poi particolare considerazione la proposta di Francesco Rutelli in quanto, come e' stato ampiamente evidenziato negli ultimi giorni, non aggiungerebbe nulla a quanto gia' previsto dal nostro ordinamento: in altri termini, non si tratta di una questione di sigle, ma di una profonda differenza sostanziale, che renderebbe, come e' stato detto, tale contratto di convivenza non opponibile ai terzi.

 

Sopra tutti, come da copione, la voce della Chiesa che e' purtroppo considerata con grande attenzione e rispetto anche dalla maggioranza dei leaders del centro-sinistra. Ma come non interrogarsi sulla ragionevolezza di una posizione che appare oggi anacronistica, inumana e persino anticristiana, tanto anacronistica da essere rigettata persino nel piccolo Principato d'Andorra, in cui il Pacs e' legge dello stato benche' il co-principe, il vescovo cattolico della diocesi di Seu d'Urgell, insieme al piu' noto vescovo di Roma, e' l'unico membro del clero cattolico ad essere capo di stato in virtu' del proprio ministero religioso? Come non interrogarsi circa l'autorevolezza di una istituzione che, non molti anni fa, nel De pastorali personarum homosexualium cura, per voce dell'allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Card. Ratzinger affermava che «la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l'attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano»? Come non meravigliarsi della posizione intransigente e di problematica moralita' della Santa Sede che, in nome della difesa della famiglia non ha esitato ad allearsi strategicamente con i paesi islamici (di quale famiglia parliamo, visto che quegli stessi paesi ammettono la poligamia? Dove sta la coerenza morale?) per impedire che la Commissione per i Diritti dell'Uomo dell'ONU, nel corso delle ultime due sessioni, approvasse una risoluzione che semplicemente affermava la necessita' di proteggere i diritti umani fondamentali (tra cui il diritto alla vita, il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani, degradanti, il divieto di discriminazione) delle persone omosessuali e transessuali? Come non stupirsi dell'atteggiamento isterico delle gerarchie vaticane che, con il presupposto della necessita' di combattere la pedofilia nella Chiesa, sino a poco tempo fa apparentemente tollerata, ha dato vita ad una “caccia alle streghe” nei confronti dei preti omosessuali (contraddicendo gli stessi precetti del Catechismo della Chiesa cattolica sull'omosessualita')?

 

Occorrono piu' coraggio, piu' coerenza, meno ambiguita', meno calcolo politico. La risposta, prima di tutto politica, del centrosinistra appare oggi inadeguata. Come Franco Grillini onestamente ammette, il Pacs e' una mediazione della mediazione, oltre la quale c'e' la rinuncia. Forse la mediazione dovrebbe essere il punto di arrivo, non quello di partenza. Il Pacs certamente costituisce la soluzione ad una parte delle questioni che sono in campo; tuttavia una posizione piu' chiara, eventualmente piu' articolata, ed una strategia politicamente piu' coerente e, perche' no, “audace”, che includa il Pacs, ma che necessariamente affermi tanto il principio di uguaglianza (formale e sostanziale) ed il principio della pluralita' delle forme di famiglia, sarebbe oggi la via maestra per una coalizione politica che si accinga a proporsi come forza progressista e riformista europea. Al contrario, il dibattito italiano di questi giorni, connotato da provincialismo e approssimazione esasperanti, e condizionato da ragioni di bassa opportunita' partitica, tiene il paese imprigionato nelle mura vaticane e distante dalle grandi democrazie europee.

 

 

Dott. Stefano Fabeni, LL.M.                                                      Dott.sa Maria Gigliola Toniollo

J.S.D. candidate, Columbia Law School                                     Responsabile nazionale, Settore

Direttore,  CERSGOSIG                                                            Nuovi Diritti – CGIL nazionale

Direttore per la ricerca e l'informazione, ILGLaw