Proposta di Legge (presentazione alla stampa)

Modificazione dell'Articolo 3 della Legge 14 aprile 1982, n. 164, "Norme in materia di rettificazione di sesso" e dell'art. 89 del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, "Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello Stato Civile", a norma dell'articolo 2, comma 12, della Legge 15 maggio 1997, n. 127

Presentazione
Onorevoli colleghi!

La legge 14 aprile 1982, n. 164, che da oltre vent’anni disciplina le modalità per la rettificazione dell’attribuzione di sesso, e conseguentemente del nome, per le persone transessuali, ha costituito per il nostro ordinamento un esempio di grande civilta’ giuridica e rispetto dei diritti civili. L’importanza della legge e’ tale che gli stessi giudici della Corte Costituzionale nella sentenza del 6-24 maggio 1985, n. 161 non soltanto ribadirono la legittimita’ costituzionale della legge 164, ma riconobbero l’esistenza di un diritto all’identita’ sessuale, sulla base degli articoli 2 e 32 della Costituzione. In particolare la Corte riconobbe un concetto ampio di diritto alla salute, di cui all’art. 32 Cost., che ricomprende non soltanto la salute fisica, ma anche psichica, in relazione alla quale gli atti dispositivi del proprio corpo, se volti a tutelare la persona in tale ottica, non solo non sono vietati, ma anzi sono leciti; l’affermazione dell’identità sessuale fu considerata inoltre diritto inviolabile dell’individuo ai sensi dell’art. 2 Cost., in quanto elemento che consente al soggetto transessuale il pieno svolgimento della propria personalità, sia nella sua dimensione intima e psicologica, sia nella vita di relazione.
Secondo la Consulta, il legislatore aveva accolto un nuovo concetto di identità sessuale che teneva conto non soltanto dei caratteri sessuali esterni, ma altresì di elementi di carattere psicologico e sociale, dal quale deriva una "concezione del sesso come dato complesso della personalità, determinato da un insieme di fattori, dei quali deve essere agevolato o ricercato l’equilibrio, privilegiando il o i fattori dominanti". I giudici costituzionali affermano altresì che "la legge 164 del 1982 si colloca nell’alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche nelle situazioni minoritarie ed anomale".
La legge 164 stabilisce all’articolo 1 che la rettificazione dell’attribuzione di sesso e’ determinata con sentenza del tribunale in seguito all’avvenuta modificazione dei caratteri sessuali. L’articolo 3 della stessa stabilisce che, quando sia necessario, il tribunale puo’ autorizzare un trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei genitali.
Da sempre la giurisprudenza ha interpretato il criterio di necessita’ stabilito dalla legge in senso restrittivo, ritenendo che l’avvenuta modificazione dovesse riguardare i caratteri sessuali primari della persona in transizione.
Cio’ e’ stato smentito nel corso degli anni in primo luogo dalla ricerca, dalla pratica e dallo stesso movimento transgender, che hanno dimostrato che l’equilibrio psico-fisico della persona transessuale non implica necessariamente l’adeguamento chirurgico dei genitali, che al contrario spesso viene forzato dalla necessita’ di “regolarizzare” una situazione intermedia nella quale la persona transessuale e’ soggetta a stigmatizzazione sociale, discriminazione, privazione dei diritti fondamentali, tra cui il diritto alla riservatezza dei dati personali sensibili, quali quelli relativi alla salute ed alla vita sessuale. L’intervento chirurgico diviene in altri termini per alcune persone un “intervento forzato” in assenza del quale la persona e’ privata della dignita’ e dei diritti di cittadinanza, costretta ad una “esistenza legale” che non corrisponde all’identita’, all’aspetto esteriore ed al ruolo sociale che la stessa persona viene ad assumere. L’intervento chirurgico diventa in altre parole un modo per vedere sanzionata dalla legge l’identita’ stessa della persona.
Anche nel caso di coloro che intendono completare la transizione con l’intervento chirurgico, i tempi fisiologici della transizione stessa, che richiede un percorso psicologico e di terapia ormonale, uniti alle carenze del sistema sanitario nazionale, fanno si’ che la persona si trovi per diversi anni in un limbo giuridico che soltanto l’intervento chirurgico finale puo’ sanare.
Entrambe le situazioni sono estremamente problematiche con riguardo al rispetto dei diritti e dell’identita’ della persona, del suo benessere psicofisico e della vita di relazione. Non a caso negli ultimi anni la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare nel casi Goodwin contro Regno Unito e Van Kück contro Germania ha progressivamente riconosciuto l’esistenza di un diritto fondamentale all’identita’ di genere sulla base degli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, in relazione al quale il riconoscimento giuridico dell’identita’ di genere non deve necessariamente dipendere dall’intervento chirurgico di riattribuzione dei genitali.
Tale orientamento, proprio in seguito alla decisione della Corte Europea, che ha condannato il Regno Unito a tal riguardo, ha indotto il legislatore britannico ad introdurre il Gender Recognition Act del 2004, sulla base del quale la rettificazione del certificato di nascita ed il cambio del nome sono effettuati indipendentemente dall’intervento chirurgico. Nella stessa direzione si sta muovendo la Spagna in questo periodo, e disegni di legge in questo senso sono stati introdotti in diversi parlamenti nazionali.
L’interpretazione letterale della legge 164, anche alla luce della decisione della Consulta, gia’ consentirebbe un orientamento della giurisprudenza in tal senso, che tuttavia non si e’ mai verificato, se non in casi di particolare eccezionalita’. L’articolo 1 del presente disegno di legge introduce pertanto all’articolo 3 della legge il comma 1-bis proprio allo scopo di rendere esplicito ed inconfutabile il principio del diritto all’identita’ di genere, secondo cui la rettificazione degli atti dello stato civile ed il cambio di nome devono essere effettuati indipendentemente dall’intervento chirurgico di riattribuzione dei genitali, ovvero sulla base dell’avvenuta modificazione dei caratteri sessuali secondari e, soprattutto, in relazione all’equilibrio psico-fisico individuale. Nell’ottica del rispetto del diritto all’identita’ di genere, l’intervento chirurgico, finanche volto alla sterilizzazione, non puo’ e non deve essere una conditio sine qua non per la rettificazione degli atti dello stato civile.
Nell’ottica dello stesso principio del rispetto dell’identita’ di genere dell’individuo, mediante l’articolo 2 del presente disegno di legge, si consente alla persona transessuale o transgender di modificare anche soltanto il prenome sulla base del procedimento per la modificazione del nome previsto dagli articoli 89 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. Benche’ infatti, anche in questo caso, il decreto non stabilisca che il prenome adottato dal richiedente mediante istanza al prefetto debba corrispondere al sesso, l’interpretazione che viene data alla norma e’ di carattere restrittivo e, nuovamente, viola il diritto all’identita’ di genere. Peraltro, il diritto al cambio di nome indipendentemente dall’intervento chirurgico di riattribuzione dei genitali e’ riconosciuto sin dal 1980 dalla legge tedesca sul transessualismo, ed e’ stato prograssivamente introdotto in numerosi stati europei, in numerosi stati degli Stati Uniti, in Canada, Australia e altri paesi del mondo. La legislazione italiana, ancorche’ recentemente modificata, si e’ rivelata estremamente rigida a riguardo. A tal riguardo l’articolo 2 del presente disegno di legge introduce all’articolo 89 del decreto 396 il comma 1-bis che rende esplicito il principio secondo cui, fatte salve le altre circostanze previste dallo stesso decreto, il nome che il richiedente intende assumere non debba corrispondere necessariamente al sesso assegnato alla nascita come invece espressamente indicato, per il solo caso del neonato, all’articolo 35 dello stesso decreto.

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Articolato della Legge:

Articolo 1

1. Dopo il comma 1 dell’articolo 3 della legge 14 aprile 1982, n. 164 è inserito il seguente:
«1-bis L’adeguamento dei caratteri sessuali mediante trattamento medico-chirurgico e’ ritenuto necessario soltanto se le modificazioni dei caratteri sessuali secondari ad opera delle terapie ormonali e dei trattamenti di carattere estetico non sono sufficienti a determinare il benessere e l’equilibrio psico-fisico dell’interessato allo scopo di attribuire allo stesso un sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita.»

Articolo 2

1. Dopo il comma 1 dell’articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 è inserito il seguente:
«1-bis Fatto salvo quanto stabilito negli articoli successivi, il nome che il richiedente intende assumere non deve necessariamente corrispondere al sesso attribuito alla nascita.»

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Lettera di Mirella Izzo alla Rosa nel Pugno

Genova 17/06/2006
Cari compagni ed amici della "Rosa nel Pugno",
non possiamo che ringraziare il partito per essere stato fino ad ora l'unico ad occuparsi anche di noi transgender nella concretezza di un progetto legislativo. Speriamo ed auspichiamo che anche altri partiti politici seguano il vostro esempio sottoscrivendo il vostro pdl.
Dispiace un poco che la nostra Associazione - che aveva anche dato una precedenza di indicazione di voto per la "Rosa nel Pugno" alle ultime elezioni politiche - non sia stata consultata precedentemente la scrittura del testo e della presentazione dello stesso, ma in senso generale non possiamo non vedere - anche grazie alla presenza nel Direttivo Nazionale della RnP di Gigliola Toniollo, responsabile nazionale del Settore Nuovi Diritti della C.G.I.L. e nostra Socia Onoraria che ha seguito sempre il dibatitto anche interno di Crisalide su questi temi - che in questo pdl sia stata colta l'essenza delle nostre richieste. Per coglierne appieno la sintonia rimandiamo alla lettura dell'istanza inviata al Garante per la Privacy (http://www.crisalide-azionetrans.it/lettera_garante.html), che Crisalide e C.G.I.L. Settore Nuovi Diritti, grazie anche all'apporto di Stefano Fabeni, scrissero nel lontano ottobre 2004.
Il succo del testo inviato al Garante proponeva esattamente la "duplice via" che è presente nel doppio articolato del vostro disegno di legge:

  1. l'interpretazione autentica della legge 164/82 o l'aggiunta di un comma nel testo, che ridesse il significato originale alla legge stessa, ovvero che la rettificazione anagrafica di nome e di "sesso" non può essere legata indissolubilmente ad un intervento chirurgico, ma che deve essere consona all'identità di genere della persona a prescindere da una "passabilità" estetico-chirurgica totale (avendo fino ad oggi reso obbligatorio l'intervento ai genitali per uniformarli all'aspetto femminile, allora si sarebbe dovuto avere stesso atteggiamento, ad esempio, per il "pomo d'Adamo" in una logica di mera imitazione estetica prevalente sulla valutazione della reale Identità di Genere di una persona)
  2. nel tempo necessario per giungere alla rettifica anagrafica ai sensi della legge 164/82, la necessità di provvedere comunque - con un semplice e veloce atto amministrativo - a garantire una seppur parziale garanzia della privacy della persona attraverso la modifica del prenome sugli stessi documenti attraverso l'utilizzo del DPR 396/2000.
    La lettera al Garante sosteneva precisamente che solo il "combinato disposto" comprendente sia una diversa interpretazione della legge 164/82 che consentisse il cambio di nome e genere a prescindere da interventi chirurgici, sia la possibilità, in tempi molto brevi, di utilizzare il DPR 396/2000 per il cambio del prenome, garantisse al meglio il "diritto alla Privacy" delle persone in percorso di transizione (diritto apparentemente astratto ma dietro il quale si realizza la sensibile possibilità di una riduzione degli atti discriminatori, soprattutto in ambito lavorativo).

    E il vostro progetto di legge si sovrappone perfettamente a quelle istanze.
    Quindi un grazie sia per l'aver presentato per primi un progetto di legge sulla nostra condizione e sia per aver di fatto ascoltato (o - ancor meglio - condiviso) l'impostazione di Crisalide anche riguardo le modalità per garantire il miglior risultato con il minimo sforzo possibile.
    Resta ora da intraprendere la "battaglia" per convincere tutta l'Unione e la micropresenza "liberal" nel Polo affinché un progetto possa diventare realtà, legge dello Stato, battaglia sulla quale Crisalide è pronta a portare il proprio contributo.
    Il nostro sito, la nostra esperienza di anni di lavoro sul campo, la nostra consulenza, se richiesta, resta a vostra disposizione (e di chiunque intenda occuparsi della promozione dei diritti delle persone transgender e transessuali) per altri importanti atti politici necessari ad equiparare nei diritti le persone transessuali e transgender al resto dei cittadini.
    Mi permetto di suggerirne già uno: un pdl in cui - partendo dalla Sentenza della Corte di Giustizia Europea "Goodwin contro Regno Unito" che estende i diritti provenienti dalla direttiva europea 207 e successive integrazioni sulle pari opportunità fra i sessi anche alle persone transgender - si scrivano dei commi aggiuntivi alle leggi italiane di recepimento di tale direttiva, in cui si espliciti che ogni qualvolta si parla di pari opportunità fra i sessi si intende anche chi fra i sessi sta compiendo una transizione.
    Ci vediamo al "Pride!"....

Mirella Izzo
Presidente Nazionale protempore Crisalide AzioneTrans - onlus
Presidente Onoraria Crisalide AzioneTrans - onlus

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