RASSEGNA STAMPA

Marzo 2005

(torna alla rassegna stampa)


13/03/2005 - Comunicato - Crisalide Azione Trans Milano
A "Storie" il percorso di transizione di un transessuale
...domenica sera 13 marzo alle ora 20,35 andrà in onda su TSI 1 un programma intitolato "STORIE" nel corso del quale verrà presentato un documentario che mostra il percorso di transizione di una ragazza come spaccato di vita reale..

Informiamo che domenica sera 13 marzo alle ora 20,35 andrà in onda su TSI 1 un programma intitolato "STORIE" nel corso del quale verrà presentato un documentario che mostra il percorso di transizione di una ragazza come spaccato di vita reale. In studio,tra gli altri,sarà presente anche Massimo d'Aquino (Crisalide AzioneTrans sede di Milano),ftm che interverrà parlando del percorso inverso.

Le frequenze della televisione svizzera sono: 182.25,in alcune zone della Lombardia e del Piemonte è possibile prendere il canale.

Per maggiori informazioni a riguardo potete visitare il sito della TSI su:

www.rtsi.ch/prog/RTSI/welcome.cfm

Servizio Informazioni

Crisalide Azione Trans Milano

(torna all'indice)
(torna alla rassegna stampa)


11/03/2005 - Pensioni Lex
UE: TRANSESSUALE, NO ALLA REVERSIBILITÀ SENZA MATRIMONIO
I supremi magistrati europei prendono posizione sui diritti previdenziali dei transessuali

Avv. Gen. Corte di giustizia Ue 10.6.2003 L'Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia europea, in data 10 giugno 2003 ha presentato le proprie conclusioni sulla domanda di pronuncia pregiudiziale inoltrata, ai sensi dell'art. 234 del Trattate CE (versione consolidata), dalla Corte d'appello operante presso il Tribunale del lavoro di Wales nel Regno Unito di Inghilterra, pervenuta alla Corte di Giustizia il 15 marzo 2001 e relativa alla impossibilità, per un soggetto transessuale che sopravviva al convivente dell'altro sesso, di ottenere, in base alla vigente normativa, la pensione di reversibilità prevista per i vedovi. La questione pregiudiziale ha avuto origine da una causa promossa da una lavoratrice inglese, che: vanta venti anni di contributi versati in suo favore nel periodo dal 1976 al 1996 all'istituto di previdenza national Health Service (NHS); è convivente con un transessuale che ha subito un'operazione di cambiamento di sesso da donna a uomo; ritiene di essere vittima di una discriminazione sessuale di natura retributiva. Ciò, perché l'interessata, desiderando che, in caso di sua premorienza, il compagno transessuale a lei sopravvissuto possa a tempo debito conseguire il diritto ad usufruire della pensione di reversibilità per vedovi, e avendo accertato che tale possibilità non sussiste, si è rivolta al giudice del lavoro, in primo grado e in grado di appello, per denunciare che la vigente normativa previdenziale applicata dal NHS prevede l'attribuzione della pensione di reversibilità unicamente in favore del vedovo, condizione che il proprio convivente transessuale non può acquisire in quanto le norme in materia di matrimonio nel Regno Unito non consentono, a coloro che a seguito di intervento chirurgico hanno cambiato sesso, di ottenere il riconoscimento di tale cambiamento, ponendoli nella impossibilità di contrarre matrimonio. Tale situazione, secondo la ricorrente, sarebbe in contrasto con l'art. 141 del Trattato CE (versione consolidata) concernente l'obbligo di ciascuno Stato membro di assicurare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori dei due sessi e sarebbe, inoltre, in contrasto con la Direttiva 75/117 CEE emanata dal Consiglio il 10 febbraio 1975, la cui applicazione implica l'eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni della retribuzione. Di qui la richiesta rivolta alla Corte d'appello di Wales che, alla luce della Sentenza della Corte di Giustizia P./S. in data 30 aprile 1996 (P.S. e Cornwal County Concil), il concetto di "vedovanza" sia interpretato in senso tale da includere anche il convivente superstite che si sarebbe ritrovato nella condizione di vedovo se l'appartenenza a un determinato sesso non fosse stata il risultato di un intervento chirurgico di trasformazione. La Corte d'appello di Wales, in relazione anche alle ragioni a sostegno del rigetto del ricorso addotte dal NHS e dalla Secretary of State for Health, prima di decidere, ha ritenuto di sollevare avanti alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale volta a stabilire se l'esclusione dal diritto alla pensione di reversibilità di un transessuale, sopravvissuto alla morte di una donna lavoratrice con cui conviveva, costituisca discriminazione fondata sul sesso in contrasto con l'art. 141 del Trattato CE e con le Direttiva 75/117/CEE. Al riguardo, l'avvocato Generale nella sua articolata relazione alla Corte di Giustizia ha posto in evidenza vari aspetti tra cui i seguenti. Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di retribuzione, così come definita dall'art. 141 del Trattato CE non si estende ai regimi e alle prestazioni previdenziali direttamente disciplinati dalla legge, ma include le prestazioni concesse in forza di regime pensionistico convenzionale, che dipendono essenzialmente dal posto coperto dall'interessato in quanto si collegano alla retribuzione e comprendono anche la pensione di reversibilità per vedovi derivante dall'iscrizione al regime da parte del coniuge deceduto del superstite. La pensione alla quale si riferisce la ricorrente rientra nel concetto di retribuzione di cui all'art. 141 del Trattato CE. Circa la disciplina concernente il divieto di discriminazione in base al sesso, la normativa nazionale rilevante nel Regno Unito è costituita dalla Sex Discrimination Act del 1975, che a seguito della citata Sentenza della Corte di Giustizia P./S. del 1996, è stata modificata nel 1999, comprendendo tra le discriminazioni anche quella direttamente attuata nei confronti di qualsiasi lavoratore dipendente per il fatto di avere subito un intervento chirurgico di cambiamento di sesso, senza che alcuna variazione sia intervenuta nella legislazione sulla parità di trattamento né in materia salariale né in materia pensionistica. L'art. 11, lettera c), della Matrimonial Causes Act del 1973 (legge che disciplina il matrimonio) stabilisce che il matrimonio è nullo se i coniugi non sono un uomo e una donna. In forza di tale norma, la House of Lords (Camera dei Lords), con Sentenza del 10 aprile 2003, ha respinto la richiesta di riconoscere validità al matrimonio contratto da un transessuale in base al sesso acquisito, ma al tempo stesso ha affermato che la stessa norma è incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Da una comparazione della situazione giuridica degli Stati membri risulta che, al contrario di quanto dispongono gli ordinamenti di tutti gli altri Stati membri, soltanto gli ordinamenti irlandese e britannico non hanno provveduto con norme nazionali ad ammettere il matrimonio dei transessuali in conformità al loro nuovo sesso e non hanno previsto che gli interventi di cambiamento di sesso comportino rettifiche anagrafiche che aprono ai transessuali la possibilità di contrarre matrimonio. Il diritto comunitario da considerare per l'esame della questione pregiudiziale è costituito dalle indicate disposizioni dell'art. 141 del Trattato CE e della Direttiva CEE 75/117, ma da tali norme non può dedursi che al convivente non coniugato di una lavoratrice si debba attribuire un beneficio, quale la pensione, riservato al coniuge superstite. Infatti, come emerge dall'esame di varie Sentenze della Corte di Giustizia (Grant, e 21 maggio 2001, D. e Svezia/Consiglio) il termine "matrimonio", secondo la definizione accolta dagli Stati membri, indica un'unione tra persone di sesso diverso. I regimi legali che a fianco del matrimonio accordano un riconoscimento giuridico a forme di unione tra conviventi dello stesso sesso o di sesso diverso, restano distinti dai regimi che disciplinano il matrimonio in sé, con la conseguenza che il giudice comunitario non può interpretare lo Statuto del personale delle Comunità europee in modo da equiparare al matrimonio situazioni giuridiche diverse. La Corte europea dei diritti dell'uomo, in base al principio affermato nell'art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, a tenore del quale gli uomini e le donne in età adatta "hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto", con la Sentenza 17 ottobre 1986, in causa Rees/Regno Unito, di fronte ad un susseguirsi di ricorsi presentati da transessuali, soprattutto cittadini britannici, con cui gli interessati chiedevano il riconoscimento del diritto a contrarre matrimonio conformemente al sesso riattribuito, aveva risposto che "per il momento, occorre lasciare che lo Stato convenuto decida fino a che punto può andare incontro alle esigenze dei transessuali.". Ma di recente, la stessa Corte europea, pronunciandosi a sezioni unite, con la Sentenza in data 11 luglio 2002 emessa a definizione della causa Goodwin/Regno unito, per un situazione analoga alle precedenti, ha mutato indirizzo, statuendo tra l'altro che in base all'art. 12 della predetta Convenzione "Nessun fattore importante di interesse pubblico osta all'interesse della ricorrente ad ottenere il riconoscimento del suo cambiamento di sesso". Sulla base di tutte queste argomentazioni, l'Avvocato Generale perviene alle seguenti conclusioni. La Corte di appello di Wales, che ha sottoposto alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, non esclude che la corretta impostazione della causa possa riguardare l'impossibilità dei transessuali britannici di contrarre matrimonio come discriminazione diretta fondata sul sesso. Il problema centrale della controversia risiede nel fatto che i transessuali del Regno Unito non possono contrarre il matrimonio con persone appartenenti al loro stesso sesso biologico, indipendentemente dalla loro avvenuta trasformazione fisiologica sul piano anatomico. Al fine di fornire una soluzione utile al giudice di rinvio, la Corte di Giustizia dispone di un margine di apprezzamento sufficiente per scegliere un orientamento interpretativo adeguato alla questione sollevata. Questa, infatti, se riformulata, dovrebbe riguardare la compatibilità, con il diritto comunitario, di una normativa nazionale la quale, non ammettendo il matrimonio dei transessuali, nega ai medesimi la possibilità di ottenere la pensione di reversibilità prevista per i vedovi. Per risolvere la questione pregiudiziale, occorre quindi accertare: se tale normativa nazionale sia contraria al diritto comunitario; che la lite verta su una delle materie del Trattato CE e risulti così soddisfatta la condizione base affinché la Corte di Giustizia possa pronunciarsi. Circa il primo punto, non vi è dubbio che l'impossibilità dei transessuali britannici di contrarre matrimonio conformemente al loro nuovo sesso fisiologico sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. L'affermazione di tale principio trova, infatti, riscontro nel diritto dei transessuali di unirsi in matrimonio riconosciuto nella stragrande maggioranza degli Stati membri ed è tutelato dall'art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo a partire dall'11 luglio 2002 come ha avuto modo di stabilire la Corte europea di Strasburgo nella già indicata Sentenza emessa in quella data. Per quel che concerne l'altro punto, va precisato che la discriminazione oggetto della controversia non riguarda direttamente il godimento di un diritto tutelato dal Trattato, ma uno dei suoi presupposti. In altre parole, la disparità di trattamento incide, non sul riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità per vedovi, ma soltanto sul riconoscimento di una condizione assolutamente necessaria per conseguirlo: incide cioè sulla capacità di contrarre matrimonio. Qui, la disparità di trattamento opera in forma indiretta, ma la discriminazione resta diretta in quanto collegata al mutamento di sesso dell'interessato, elemento che rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 141 del Trattato CE, rispetto al quale la Corte di Giustizia può pronunciarsi. Conseguentemente, ad avviso dell'Avvocato Generale, occorre che la questione pregiudiziale posta dalla Corte d'Appello di Wales sia risolta nei seguenti termini: "Il divieto di discriminazioni fondate sul sesso, sancito dall'art. 141 CE, osta all'applicazione di una normativa nazionale che, negando ai transessuali il diritto di contrarre matrimonio conformemente al loro sesso acquisito, priva questi ultimi della possibilità di ottenere una pensione di reversibilità per vedovi". (18 settembre 2003).

da PensioniLex

(torna all'indice)
(torna alla rassegna stampa)