RASSEGNA STAMPA

ottobre 2005
02 novembre 2005


12/10/2005 - Il Tirreno - Roberto Cestari
Vuoi cambiare sesso? Ora c'è l'ambulatorio
A Careggi il primo servizio pubblico: dal 18 fornirà le cure ormonali prima dell'intervento chirurgico, che per ora sarà solo per chi vuol diventare donna

FIRENZE. Un ambulatorio dove ci si prepara all'intervento per cambiare sesso che è già in fase di sperimentazione. Ecco quanto accande all'Azienda ospedaliera universitaria di Careggi a Firenze, dove è entrato in funzione e martedì prossimo, 18 ottobre, verrà inaugurato ufficialmente nei locali del “cubo alto” di via Pieraccini, l'ambulatorio diretto dall'endocrinologo professor Mario Maggi.

Ogni terzo martedì del mese, dalle 17,30 alle 19,30, nell'ambulatorio si visiteranno coloro, sia uomini che donne, che sono decisi a cambiare sesso. Qui si inizierà la somministrazione degli ormoni che precede l'operazione chirurgica vera e propria, oltre a seguire coloro che già cambiato sesso.

E a proposito di questa operazione, almeno per il cambio da uomo a donna, è già stata effettuata in fase sperimentale alle cliniche urologiche di Careggi. Il prossimo passo sarà quello di far entrare l'intervento tra quelli eseguiti in via ordinaria nella struttura fiorentina, senza dover ricorrere a trasferte in altre parti d'Italia. per quanto riguarda il processo inverso, quello delle donne che vogliono diventare uomini, per ora non ci sono programmi di interventi e si dovrà continuare a rivolgersi altrove, come ad esempio a Perugia.

Le prestazioni sanitarie dell'ambulatorio del professor Maggi come le oparazioni, sono eseguite in regime sanitario pubblico e le persone che desiderano accedervi non devono affrontare altre spese che quella del ticket. Ma l'ambulatorio di Firenze segna una tappa importante, visto che è il primo esempio di questo genere in Toscana, e va ricollegato anche all'impegno di Sandra Alvino, la presidente dell'Associazione italiana transessuali che si è impegnata in prima persona per questo servizio. La Alvino è stata anche scelta per fare, insieme alla psicologa dell'associazione, da primo filtro per chi vuol rivolgersi alla struttura di Careggi. Chi vuole mettersi in contatto con l'ambulatorio dovrà prima chiamare Sandra Alvino al numero 347/3086110, per una prima serie di colloqui.

«È necessario che all'ambulatorio si presentino solo persone convinte fino in fondo di una decisione di questa portata - spiega la presidentessa Ait - per evitare che poi ci siano ripensamenti o problemi ancor più pesanti che possono avere esiti tragici, come ho visto in passato con tante ragazze».

Sandra Alvino, 60 anni, torinese, sposata dal 1982, ha cambiato sesso nel 1974, con un intervento eseguito a Londra «dopo aver falsificato i documenti» e dagli anni '80 vive a Firenze col marito. Sandra conosce bene i problemi che ha dovuto affrontare chi, come lei, si sentiva donna e non riusciva ad accettare il proprio corpo di uomo. «La spinta ad impegnarmi a fondo in questo settore, che poi grazie all'Azienda sanitaria di Careggi e alla Regione ha portato alla creazione del'abulatorio - spiega la Alvino - è venuta alcuni anni fa, quando incontrai una madre che non sapeva come fare per aiutare suo figlio». La Alvino tiene però a precisare che la struttura fiorentina non accetta minorenni.

La presidentessa Ait spiega che il primo passo è quello del colloquio con lei e poi con una psicologa, per cercare di capire se la persona che si presenta è davvero motivata a portare fino in fondo il cambiamento di sesso. A quel punto si viene indirizzati all'ambulatorio. «I medici sanno già cosa chiede chi si presenta - precisa Sandra Alvino - e i pazienti possono evitare anche l'imbarazzo di parlare per la prima volta di certi argomenti».

Su quelli che possono esser i numeri di persone interessate al servizio, la presidentessa Ait ritiene che dovrebbero oscillare tra le 10 e le 20 l'anno. «E' una valutazione grossolana - spiega - e il numero potrebbe anche essere maggiore, sia per richieste dalla Toscana che da altre regioni specie del Sud, ma l'importante - conclude - e che finalmente un servizio del genere esista».

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15/10/2005 -L'Unità -Delia Vaccarello
 
ELOGIO DI PATRIZIA


“ Presto, correte, un uomo sta morendo”. Avete passato la notte insieme. Lui ha i capelli biondi, le labbra sottili, gli occhi azzurri. Tu hai le labbra carnose, il seno, i genitali maschili: sei una transessuale.
Sono le nove del mattino. Ti avvicini e ti accorgi che lui rantola. Chiami subito i soccorsi.  Se perdi un secondo, può essere troppo tardi. Sei nata in un corpo di uomo, ma ti senti donna. Hai scelto “Patrizia” come nome per la tua identità ritrovata.  Con il tuo corpo, con il tuo nome, ti senti te stessa. Non hai un pensiero per la notte e uno per il giorno. Non sei sollecita al buio e vile alla luce del sole. Non sei doppia. Sei unica, come è unica la vita di quell'uomo gentile che rischia di andarsene via.
“Correte, sta morendo”.
Eppure potresti restare stritolata in un gioco più grande di te. L'uomo da soccorrere si chiama Lapo Elkann. E'  famoso. Tra un attimo tutto il mondo ne parlerà. Ci saranno domande, le forze dell'ordine indagheranno. Tu lo sai. Hai imparato, da anni, a non curarti dello sguardo doppio di molti, anche se fa male. All'inizio ti ferisce di più, poi sempre meno. Ma fa sempre male l'aggressività degli occhi appostati  dietro  le lenti dell' ipocrisia. Ti guardano, fissano le tue  camicette scollate, le calze a rete, la tua eccezionale altezza, trasalgono al timbro della tua voce non del tutto ammorbidita dagli ormoni e ti disprezzano. Tolgono valore alla tua vita solo perché la tua immagine non è rispettabile per i benpensanti.  La vita, invece, per te ha un valore grandissimo, qualunque vita, e non importa se viene travestita dagli altri con gli abiti logori del pregiudizio o con
i panni “regali” della fama.  Lapo Elkann sta morendo, a salvare una vita non serve la fama, non servono i soldi, serve, ora, subito, una telefonata,
succeda quel che succeda. “Presto, correte, un uomo sta morendo”.
Se non conoscessi la Dignità, tu, Patrizia non saresti sopravvissuta. La dignità ha la forza di un canto che non si estingue, anche se gli altri urlano o ti accoltellano alla schiena. Ti ha dato l'energia di chi non aspetta, per sentirsi vivo, che il can can mediatico dia l'approvazione, che ti metta oggi sull'altare e ti getti domani nella polvere. Il carnevale televisivo, che troppo spesso “maschera” la vera informazione – quella sì, quanto è travestita -, parlerà di Lapo Elkann. Ne parlerà mentre Lapo sarà nella polvere in cui ci getta la vita quando non abbiamo le forze.  Ci sarà gente che camufferà morbosità e scandalizzata sorpresa alla notizia che aveva trascorso la notte con te, con te che l'hai soccorso. Ci sarà chi, alla notizia della sfortuna altrui, ammiccherà: “Ehi, hai visto con chi  era?” Ti spingeranno fuori dall'ombra con cui finora hai cercato di proteggerti. Non importa. Per te importa tirare quell'uomo gentile  fuori dalla polvere che può ricoprire la vita, in un attimo, e trasformarla in morte. “Correte, sta morendo”.
Conosco tante persone transessuali. Ad alcune mi lega un profondo sentimento di amicizia. Ne abbiamo parlato spesso su questo giornale. Cercando ogni volta di dar voce alla voce soffocata dalla coperta di pregiudizi con cui il mondo le occulta. Tutti i giorni incontriamo le persone transessuali:
lavorano in case di riposo per anziani, fanno l'animazione tra i giovani, sono esperte di informatica, alcune  leggono l'oroscopo al mattino, altre esercitano la prostituzione. Fanno i lavori di tutti. Le giovani si cercano nell'età tra le più difficili, quella dell'adolescenza. Lì dove il confine tra la morte e la nuova vita si fa sottile. Lì dove la seconda nascita, quella alla società, alla sfera “pubblica”, avviene solo grazie all'infinito coraggio di dire: “Io sono così e ho il diritto alla dignità”.  Ma se non si trova il coraggio, si muore alla vita vera.
Le persone trans interrogano se stesse per lungo tempo in una solitudine spaventosa, affinando l'orecchio alle tante solitudini. Non hanno modelli che aiutano a cercare la propria identità, trovano spesso solo un'abbondante dose di derisione. Chi riesce a trovarsi, a tenere fermo il contatto con ciò che sente, difende fino allo stremo una voce dentro di sé. Misteriosa, forse. La difende quando è fragile, quando può bastare un pizzico di difficoltà in più a zittirla per sempre. Difende la voce della vita. Quella che gli altri disprezzano, quando disprezzano. Ma chi disprezza la vita altrui, disprezza la propria. Quella che gli altri non soccorrono, se non la riconoscono in pericolo o se, percepito il pericolo, tirano diritto per la propria strada.
  Tu, Patrizia, non hai potuto farlo. Hai detto a te stessa, tanto tempo fa:
“Devo soccorrermi, altrimenti muoio”.  Hai aperto la porta di casa, di notte e di giorno, con le camicette scollate, il seno, i tacchi alti, la voce dal timbro forte. E hai detto: “Sono viva”.
Così l'altra mattina hai detto: “Correte, Lapo Elkann sta morendo”. Hai dato voce alla giustizia. All'unica giustizia che conta.
Quella che soccorre la vita.

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20/10/2005 - Il Tirreno - redazionale
«Lapo? Ha ringiovanito il marchio Fiat»
Il caso Elkann visto da Oliviero Toscani

ROMA. «Trovo che Lapo Elkann abbia dato finalmente un bel colpo di giovinezza al marchio Fiat». Parola di Oliviero Toscani che, in un'intervista ad Affaritaliani.it, fa il punto sulla vicenda che coinvolto il giovane rampollo di casa Agnelli. «Finalmente la Fiat ha una problematica da giovani. E non sempre da vecchi», spiega Toscani.

Ma secondo lei, i manager del Lingotto come hanno affrontato il caso? «Col vecchio sistema. Io invece trovo che vada visto con questa prospettiva».

E se fosse lei un manager della comunicazione Fiat? «Loro non sarebbero in questa condizione. Non mi metta in una condizione che non ho voluto e che non ho fatto». Sessuologi ed esperti di tendenze dicono che andare con i transessali è un trend nella classi alte. Allora Lapo è stato un trend setter? «Questa è una cosa che succede da tanto tempo - continua Toscani - Io ho amici transessuali e non è che ci vada. Ho amici uomini e altresì non è che ci vada insieme. Purtoppo anche con tante donne (ride). È molto meglio passare la serata con tre transessuali divertenti che con tre manager Fiat. Magari di quelli noiosi. L'ufficio marketing...». Adesso però vogliono mandare Lapo fuori dall'Italia per quattro anni...«Male. Peccato. Domani mattina dovrebbe essere in ufficio a lavorare. E ringiovanire tutti i suoi manager».

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21/10/2005 - Il Secolo Decimonono - M. Men
 
REPORTAGE: Viados a Genova, un fenomeno in forte crescita. "La vicenda di Lapo Elkann? Per noi si è rivelata una manna".
Transessuali, il business raddoppia

Dieci gli stranieri schedati sulle strade, ma i clienti preferiscono chi riceve in casa.

(Foto di trans in strada)

Un transessuale al lavoro tra via Corsica e Corso Saffi


Malvisti, tollerati a stento. A volte insultati, spesso beffeggiati dagli equipaggi dei perditempo della notte. Improvvisamente rivalutati, proiettati nel cuore delle cronache. Improvvisamente protagonisti, i transessuali, dopo la vicenda che ha coinvolto Lapo Elkann, il giovane manager della Fiat finito in overdose di cocaina dopo una notte trascorsa in compagnia di tre travestiti, a Torino. "Una manna, una manna - sorride "Gianna", due decenni trascorsi sulle strade di Carignano - questa vicenda non ha mai attirato tanta attenzione. Attenzione positiva, non sai quanta gente nuova arriva, s'informa, viene con noi".

Eppure per la piccola pattuglia di transessuali genovesi le cose non sono mai andate male. I clienti non mancano e, spesso, sono clienti disposti a metter mano al portafoglli senza troppe esitazioni. "Ma ora - insiste Gianna - le cose vanno ancora meglio. Temevamo un effetto devastante sugli affari, le cose stanno andando tutte all'opposto". Quanti sono i trans in attività a Genova? La questura ne ha schedato dieci, che si vendono sulle strade, in una zona di Carignano (via Corsica, via Fiodor) da sempre tradizionalmente teatro di questo genere di prostituzione. Dieci stranieri, spiega Teresa Canessa, che dirige la sezione criminalità extracomunitaria (la vecchia buoncostume) della squadra mobile, ecuadoregni e colombiani. "Genova non è città di viados - insiste Teresa Canessa - la clientela si rivolge in prevalenza a chi riceve in appartamento".

Proprio l'unico viado colombiano è stato protagonista, nelle settimane scorse, di una curiosa vicenda burocratica. L'hanno trovato senza documenti, sono state avviate le pratiche per il trasferimento in un centro di temporanea permanenza. Ma il modulario prevede solo una risposta secca: sesso maschile o sesso femminile. Nessuno è riuscito a risolvere il dilemma e il giovane è stato rimesso in libertà.

Nel centro storico, tra piazza della Nunziata e via del Campo, nell'antico Ghetto (Untoria, Croce Bianca, Adorno) c'è un'altra zona da decenni dominio incontrastato dei transessuali. Venti i "bassi", quasi tutti di proprietà, in cui i trans, una trentina, incontrano i clienti. Molti sono attempati e hanno vissuto tutte le epoche del Ghetto, dalla vivacità degli anni Sessanta al degrado totale dei decenni successivi all'attuale, faticosissimo, progetto di ristrutturazione e di recupero. Non solo, però, le nuove leve hanno poco più di trent'anni, fisici asciutti e sinuosi. Sembrano donne, a tutti gli effetti. I loro nemici? Gli spacciatori che infestano il quartiere "e spaventano i clienti" e i tossicodipendenti, che spesso derubano chi si addentra nel dedalo dei caruggi. Anche qui, giura Antonia, "quel che è successo a Torino ha aumentato l'interesse. Tanti ragazi in gruppo, per curiosità, ma anche diversi nuovi clienti".

La tariffa delle prestazioni è più alta della media dellea prostituzione femminile (dai 50 ai 100 euro per una ventina di minuti); si sale ancora se si cercano incontri in appartamento, magari per tutto il pomeriggio o per tutta la sera: una media di due-trecento euro. Se si interpreta la retribuzione con la fredda logica del mercato, se ne deduce che la richiesta è forte e che il frequentartore medio ha discrete possibilità di spesa. I trans che ricevono nelle loro abitazioni sono 25-30, distribuiti esclusivamente in centro: nelle zone di Corvetto, Manin, Piazza Dante. Contattati con il passaparola ma anche via internet, da una clientela che ha confidenza con l'informatica.

Arcaton, uno dei network più cliccati da chi è in cerca di compagnia, nella categoria trans a Genova propone Arianna. "bellisima assolutamente femmiinile dalle forme giunoniche, anche per coppie". C'è il telefonino. Pronto Arianna? "Si, sono io. Sono sudamericana, ricevo in corso Buenos Aires, di fronte al cinema Augustus, chiamami quando sei in zona che ti spiego". Ma quanto potrei spendere? "Ne parliamo quando vieni, non adesso". Ma nemmeno un'idea? "Ne parliamo di persona, vedrai che troviamo un accordo".

Marco Menduni

LA TESTIMONIANZA

"Ci sceglono perché le donne sono poco intriganti con noi invece trovano relax e puro divertimento"

Si fa chiamare Bibi, alias B.B., alias le iniziali di una delle bellezze più sfrontate e affascinanti del grande schermo. Si fa chiamare Bibì a dispetto dei capelli neri corvini che le scendono sul collo ("Ma se metto una parrucca divento biondissima"), con due occhi verdi che incorniciano un volto solare. Esile, filiforme, grazie femminile dalla nascità. Un mix tra ormoni e silicone ha fatto il resto. Riceve, Bibì, in un elegante monolocale (l'ha comprato due anni fa, per poco meno di duecentomila Euro) nel centro cittadino. "Perché gli uomini vengono con noi? Forse perché le donne sono sciape, poco intriganti". Si ferma a riflettere, Bibì: "Sai qual'è il problema? Le donne, a letto, si divertono poco e fanno divertire poco. Per loro il sesso è il modo di accalappiare un uomo, di mettergli la palla al piede o di ottenere qualche contropartita. Noi siamo relax e divertimento puro. Disponibili quando si vuole, poi dopo scompariamo. Ma dimmi: una che si sposa per interesse, per essere mantenuta, è forse meno puttana di me?".

Transessuali e droghe. Cocaina. Un mix casuale? "No, no. Non lo credo. Molti, moltissimi tra i miei clienti prendono cocaina. Lo so, lo vedo. Tirano su col naso, si muovono a scatti, sono concitati. Io li faccio lo stesso, chi se ne frega.. anzi, di solito sono quelli che pagano meglio. Io credo che chi usa droga sia più propenso a venire con noi". Per quale motivo? "Perché certe droghe spazzano via i freni inibitori, danno via libera ai desideri più proibiti e trasgressivi,. E noi, per nostra natura, siamo trasgressione pura".

C'è chi dice siate più disposti ad ascoltare, a capire... "Io chiacchiero con i miei clienti, scherzo, rido, mi piace quando mi raccontano della loro vita. Ma non credere alle favole. Vogliono trasgressione, cercano pratiche "dure" che altrove non trovano, nemmeno a pagamento. Se vuoi ti racconto". Ma è un racconto che non può esser scritto sulle pagine di un giornale. L'identikit del cliente è però chiaro: "Sicuramente ha del denaro in tasca, anche perché una serata intera, con me costa 300 Euro. Sicuramente è più facile che sia un professionista, un intellettuale o un personaggio del mondo dello sporto o dello spettacolo. Ho clienti del genere, che chiedono anche rapporti multipli, con altre mie amiche, "colleghe". Non dirò mai chi sono, avrei finito di lavorare il giorno dopo". Non ha mai pensato di farsi operare? "No, onestamente no. Mi trovo a mio agio, in questa dimensione. Non solo perché gli uomini, i clienti, ci vogliono "intatte", anche perché ho trovato la mia collocazione, non ne sento il bisogno. E ho anche un po' paura".

Lavora sempre qui? "No, solo in inverno. L'estate mi trasferisco, ma è un tipo di lavoro diverso. Vado in Costa Azzurra, mi siedo al tavolino di un bar, cerco il "tipo" con cui passare la notte o anche una settimana di seguito, se è in cerca di compagnia".

Bibì qual'è la sua vita quotidiana, quando non lavora? "Una vita normalissima, davvero. Tranquilla, senza troppi affanni. Mi vesto normalmente, mi trucco poco, anche perché ho la fortuna di sembrare comunque una donna vera. Faccio una vita da brava ragazza. All'inizio nel palazzo c'era molta diffidenza nei miei confronti. Adesso anche la vicina, una nonnina deliziosa, passa da me se ha bisogno di qualcosa per cucinare e spesso si ferma a prendere il caffé e a far due discorsi". E la vita affettiva? "Ho avuto un fidanzato, qualche anno fa, i suoi genitori non si erano nemmeno accorti che non ero una donna donna. Adesso sono single e la cosa non mi turba, non è facile trovare un uomo che accetti di stare con una che fa la mia vita. Anche perché, lo dico con sincerità, non la cambierei. Però ogni tanto trovo anche qualche ragazzo con cui mi piace uscire al di fuori del lavoro. Per trasporto, senza essere pagata".

M. Men

LA SCHEDA

I LUOGHI:

Sulla strada:

Carignano; via Corsica, via Fiodor, via Gavotti, giardini Margutti, piazzale San Francesco d'Assisi

Nei bassi:

Il Ghetto: vico San Filippo, vico Untoria, vico degli Adorno

in casa:

Appartamenti nelle zone di piazza Corvetto, piazza Manin, piazza Dante, corso Buenos Aires.

Le tariffe:

- 50 euro: in macchina

- 60-100 euro: nei bassi del centro storico

- 250-300 euro: in appartamento, tutto il pomeriggio o la sera.

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23/10/2005 - Il Secolo Decimonono - Simone Schiaffino
 
LA TESTIMONIANZA. "NOI TRANS? NON SIAMO TUTTE SUL MARCIAPIEDE"
LA STORIA. MIRELLA, 40 ANNI, RACCONTA LA SUA SCELTA, RIVENDICANDO IL DIRITTO A UNA ESISTENZA SENZA PREGIUDIZI

Dopo il caso Lapo Elkann il racconto di Mirella Izzo, 40 anni, leader di "AzioneTrans". "Io lavoro normalmente e aiuto le altre a trovare un posto. Abbiamo diritto a un'esistenza senza pregiudizi.


Non ci stanno ad essere identificate come prostitute. L'equazione "transessuale = puttana" non va giù alla categoria. Perché non è vera. Lo dice Mirella Izzo, la presidente nazionale di Crisalide AzioneTrans, la più rappresentativa delle associazioni che riuniscono le transessuali italiane. AzioneTrans, tra le varie attività associative, ha l'obbiettivo di trovare un lavoro alle iscritte. Un lavoro normale, che non sia quello di vendere il proprio corpo sul marciapiede.

"Quando ho letto l'articolo sul Secolo XIX di venerdì, dal titolo "Transessuali, il business raddoppia" - dice ironicamente la presidente - ero contenta, preché credevo che il mio stipendio di impiegata contabile fosse raddoppiato. Capisce cosa voglio dire? Che leggendo il giornale si identificava, con una sovrapposizione perfetta, la categoria con la prostituzione. Noi non siamo soltanto "lucciole". Certo, molte trans scelgono questa attività, ma non tutte".

Una finta scelta, perché spesso è dettata dalla necessità visto che per le transessuali è difficile trovare un lavoro normale. Diffidenza, pregiudizio, ignoranza. E poi la situazione del mercato occupazionalem, che rende comunque difficile un'assunzione, per tutti, e in tutti i campi professionali. Ma la scelta può anche essere determinata dal fatto che una trans che si prostituisce, aiutata dalla chirurgia e dalle cure ormonali, guadagna dieci volte di più di quanto vale uno stipendio normale.

"Chi sceglie il marciapiede è libera di farlo - prosegue Mirella Izzo, agguerrita presidente, nonostante una seria malattia, che le rende pericoloso qualsiasi sforzo e soprattutto i violenti sbalzi di umore -. Stimiamo che sul totale della popolazione transessuale in Italia decide di "battere" il 50 per cento degli individui. E' una percentuale alta, certo, ma è giustificata dalla difficoltà di non avere altre chanches di vita. Per questo abbiamo fondato "Crisalide AzioneTrans": per dare un supporto alle trans che si vedono costrette al marciapiede per il fatto di non riuscire ad essere assunte in normali posti di lavoro".

La popolazione transessuale, insomma, si sente spesso discriminata, sbeffeggiata, ingiustamente messa da parte. "Abbiamo un grande bisogno di integrazione, di sentirci persone come tutte le altre. Lo sa che per l'Organizzazione mondiale della sanità, siamo malate? La nostra patologia si chiama "disturbo dell'identità di genere". E il paradosso è che per "curare" questa malattia, per diventare quello che ci sentiamo di essere, il Sistema sanitario nazionale non ci copre le operazioni e i cicli di cure ormonali". Secondo i regolamenti che disciplinano la sanità pubblica, infatti, gli interventi chirurgici e le terapie ormonali a cui i trans devono sottoporsi sono considerati "chirurgia estetica" e nonm, come vorrebbero i transessuali, "chirurgia ricostruttiva".

E' difficile stabilire un censimento della popolazione trans a Genova. "Sicuramente qualche decina di individui, forse un centinaio - conclude Izzo - tra cui figurano persone che fanno l'architetto, l'ingegnere, la segretaria, ma anche l'operaia e la parrucchiera, o la barista; e poi tra le più giovani, ci sono le studentesse universitarie. Alcune, per paura di essere riconosciute, si "truccano" da uomo, nascondendo le loro sembianze femminili raggiunte con gli ormoni: in pratica indossano una fascia per non rendere visibile il seno. Altre, più fortunate, sono inequivocabilmente donne, cioè hanno un aspetto che non dà adito ad alcun sospetto, confondendosi con serenità nella popolazione femminile".

Fino al momento, però, di esibire i documenti per un controllo o un colloquio di lavoro: quando l'aspetto stride con un nome maschile, e l'incantesimo, una difficile alchimia di trucco, ormoni, atteggiamento, interventi chirurgici, si frantuma contro la fredda evidenza di una carta d'identità.

Per la legge italiana si ha diritto alla modifica delle generalità dal maschile al femminile soltanto quando è intervenuta un'operazione chirurgica per rimuovere gli attributi maschili. Neglli altri casi no. Si nasce uomini e si resta tali. Anche quando le sembianze (e la volontà del titolare del documento) direbbero tutto il contrario.

Simone Schiaffino

BOX

L'INCONTRO

ALLE "MOSCHE BIANCHE" LA PAROLA D'ORDINE E' "INTEGRAZIONE"

Un appuntamento, due volte al mese, per integrarsi con il resto della popolazione. Per non essere più un mondo a parte, una categoria, troppo spesso identificata esclusivamente con il sesso a pagamento. Alle "Mosche Bianche", locale notturno di via Pisacane (quartiere Foce) è prevista una serata sabato 29 ottobre dalle 22.30 per avvicinare le persone al mondo dei transessuali. "Per una volta non per una prestazione a pagamento, ma per fare amicizia, conoscersi, socializzare senza pregiudizi - spiega Mirella Izzo, presidente nazionale di "Crisalide AzioneTrans" -. Un incontro che vuole diventare un appuntamento fisso, due volte al mese. La prima serata c'è stata sabato 15, ed è stata un successo: hanno partecipato moltissime persone e l'evento non aveva avuto una pubblicità adeguata. Noi ci crediamo molto: è un'iniziativa, come tante altre che organizziamo, finalizzata ad abbattere la barriera del pregiudizio che avvolge la nostra categoria". Per avere maggiori informazioni sull'attività dell'Associazione, diretta da Mirella Izzo, è possibile visitare il sito www.crisalide-azionetrans.it

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25/10/2005 - L'Unità - Delia Vaccarello
Rubrica "uno due tre... Liberi Tutti
14 Trans uccise. Una giornata per ricordarle
Da sette anni il 20 novembre si celebra nel mondo la giornata della memoria delle persone trans. Voci recitano: «Sono una persona trans, mi hanno sgozzata». In Italia in 6 anni sono stati commessi 14 omicidi.

Nel buio, tra la luce tremula delle candele, una voce si leva: «Il mio nome è Leandro Bispo Estavao, sono stata una lavoratrice del sesso brasiliana transgender. Sono morta vicino a Bergamo nelle prime ore del mattino del 20 luglio, sgozzata con un coltello. Il mio nome femminile non è mai stato segnalato dai giornali». Tace. Riprende un'altra voce: «Mi chiamo Mickey Ward-El Smith. Sono stata una persona transessuale. Ho vissuto a Washington. Avevo 19 anni quando mi hanno colpita con un'arma da fuoco. Dieci proiettili hanno bucato il mio giovane corpo».

Da sette anni sotto le torri di Bologna - e così a Torino, Roma, Piacenza, Parigi, New York e in altre città del mondo - il 20 novembre ci sono le veglie. Da sette anni la vita incontra la morte per un breve scambio di ruoli. Un gruppo folto di partecipanti prende la parola e in prima persona dà voce a chi non c'è più. Scandisce a voce alta i nomi delle persone trans ammazzate nel corso dell'ultimo anno. Pronuncia i nomi alla nascita e i nomi che le persone avevano scelto per il giorno della «seconda nascita», la nascita al genere, maschile o femminile, sentito come proprio. Quei nomi, che spesso i giornali non riportano, racchiudono il senso di tutta una esistenza. Quando vengono scanditi restituiscono ai morti la verità della loro vita. Nello stesso momento i vivi, dicendo «sono morta», avvertono il senso profondo del confine che ci separa e ci unisce agli scomparsi. Vita e morte si scambiano i ruoli.

Si chiama «Giornata della memoria delle persone transgender». La si celebra andando in piazza e oscurando i siti web internazionali. Prepariamoci il 20 novembre di quest'anno a scambiare la nostra vita con la loro morte per una sera. Portiamo delicate luci ad accompagnare per l'ultima volta le anime uccise. Oscuriamo i siti web, eclissiamoli per 24 ore. Segnaliamo con questo gesto l'eclissi di corretta informazione che avviene quasi ovunque tutto l'anno, quando il pregiudizio, come una luna malata, oscura il sole della chiarezza e chiude le nostre menti. Ma oggi ricordiamo una persona transessuale perché ha salvato una vita e non perché le hanno strappato la propria. Ricordiamo Patrizia, la transessuale con cui si trovava Lapo Elkann la mattina in cui è entrato in coma e che da lei è stato soccorso. I media ne hanno parlato, salvo qualche eccezione, tralasciando il valore del coraggio di Patrizia, indugiando sulla sua transessualità con pruderie. I media hanno «mortificato» una persona viva.

Oggi parliamo delle tante Patrizie, vive e morte. L'associazione «Crisalide Azione Trans» ha lanciato la campagna: «Ad ogni vip una trans per amica», una persona, cioè, capace di soccorrere. Ma chi sono le «patrizie» d'Italia che ognuno, e non solo i vip, potrebbe scegliere per amiche?

Sono persone che sentono di appartenere a un genere diverso da quello che il loro sesso indica alla nascita. Sono maschi che si sentono femmine e femmine che si sentono maschi. L'acquisizione di questa consapevolezza, detta identità di genere, è frutto di un processo lungo e doloroso che porta al contatto con ciò che di autentico individua la persona e che le dà la forza di essere se stessa combattendo ignoranza e pregiudizi. Quando lo ritengono opportuno, le persone trans ricorrono a un intervento chirurgico che converte gli attributi sessuali. Viene fatto in ospedale, a spese della mutua, così come prescrive la legge. Non tutte le persone trans si operano, non tutte scelgono o si sentono pronte. Ma l'identità di genere non è legata all'anatomia. È frutto di quel processo di elaborazione di sé che è il bene prezioso di ogni essere umano, qualsiasi sia l'orientamento sessuale o l'identità. E che porta a dire : «Io sono, e sono così».

Le persone trans, però, a differenza degli altri, hanno notevoli problemi. Sfogliamo le cronache recenti grazie alla rassegna stampa del sito www.crisalide-azionetrans.it. C'è Alessia a Fabriano che trova difficoltà sul lavoro quando, decisa a intraprendere la transizione, sotto cura ormonale, esce di casa mostrando l'identità acquisita - gonna, tacchi, trucco - e si reca in ufficio. Nella struttura pubblica dove lavora per tre mesi all'anno i problemi vengono superati grazie all'intervento della Cgil, nella struttura privata restano insormontabili. Eppure il semplicissimo gesto di uscire di casa come donna, nel caso di Alessia e di tante come lei, è vitale e si chiama anche «test della vita reale». È un percorso che deve precedere l'intervento chirurgico nel caso lo si scelga.

Che paradosso: una legge dello stato scandisce le tappe che portano all'intervento ma non è conosciuta negli uffici, e spesso è violata. «Sorprende», sul lavoro, che la persona trans esibisca documenti con un nome e una foto che non corrispondono alla sua immagine. Ed è per questo che le associazioni di transessuali, tra cui compaiono anche il Mit e l'Arcitrans, chiedono che in Italia diventi legge la «piccola soluzione» in vigore già in Germania. Consentirebbe a quanti hanno superato il «test della vita reale» - cioè un periodo congruo in cui la persona si trova a suo agio nella nuova identità - a cambiare il nome sui documenti anche se non si è fatto l'intervento.

Di alessie ce ne sono tante. Alcune diventano patrizie ed esercitano la prostituzione. È una scelta? Dice Mirella Izzo (vedi pezzo in basso), presidente di Crisalide azione trans: «La verità innegabile è che qualsiasi Patrizia potrà dire di aver liberamente scelto la prostituzione solo il giorno in cui per lei sarà facile trovare lavoro come qualunque altra persona». E nel frattempo? Succede che la vita incontra la morte. Digitate sul motore di ricerca google la parola «transessuale». Vengono fuori una sfilza di siti porno. Ma anche notizie come questa: «Martedì 20 luglio è stata trovata assassinata mediante sgozzamento con coltello una transessuale di nazionalità brasiliana di 21 anni….». Usiamo i corpi e poi gli tagliamo la gola. Separiamo la testa dal resto, che tanto non importa. Il corpo così stuzzicante per i nostri sensi apparentati con la noia è l'unica «cosa» che vediamo. Gli occhi e l'anima non sono roba che fa eccitare. Continuiamo a leggere: «Il crimine è accaduto a Boltiere, in provincia di Bergamo, ed il colpevole non è ancora stato trovato». Di questi delitti «perfetti» se ne commettono tanti, in Italia 14 in sei anni. Complice il cannibalismo mediatico di cui - con qualche rara eccezione - abbiamo avuto un assaggio subito dopo il ricovero di Lapo Elkann. Non tutto si può capire.

La nostra società ancora non capisce - perché non vuole e perché non può - l'esperienza transessuale. Ma non capire non dà licenza, mai e poi mai, di uccidere. Uccidere nel corpo e nello spirito. La storia è la memoria ha detto Le Goff su questo giornale. E poiché la memoria è cultura in tutti sensi - delle emozioni, degli eventi, dei profumi, persino - facciamo nascere alla «cultura di tutti» questi esseri che non capiamo. Celebriamo con loro, in prima fila noi colpevoli operatori dell'informazione, la giornata della memoria delle persone transgender.

Accettiamo noi con loro per un attimo lo scambio di ruoli, tra vivi e morti, tra maschi e femmine «alla nascita» e persone trans. Se ognuno di noi che ha scritto e detto di Patrizia in questi giorni andasse il 20 novembre in piazza con la candela accesa a pronunciare: «Sono una lavoratrice del sesso transessuale, sono morta nelle prime ore del mattino del 20 luglio, sgozzata con un coltello»; se ogni giornalista desse la propria voce viva, anche solo per un attimo, a quella di una trans uccisa, mentre tutto intorno è buio, forse dopo ci penseremmo due volte prima di uccidere le persone trans con il potere forte della cattiva informazione.

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25/10/2005 - L'Unità - Delia Vaccarello
Rubrica "uno due tre... Liberi Tutti
Mirella Izzo presidente di Crisalide
No al ghetto il mondo è unico ed è di tutti

«Sai che articolo devi usare quando scrivi di una persona nata maschio che si sente femmina?» A pormi questa domanda alla quale non seppi rispondere è stata 5 anni fa Mirella Izzo, presidente di Crisalide azione trans. La faceva sempre, nessun giornalista sfuggiva.

«Devi dire la trans. Se invece si tratta di una nata femmina che si sente maschio, devi scrivere il trans»,aggiungeva. Se oggi le chiedo cosa la offende di più quando si parla di trans dice: «Che si usi il maschile per parlare di noi trans da maschio a femmina. È irrispettoso. E lo fanno quasi tutti». Quasi…. In quanti non l'hanno ascoltata?

Il sito dell'associazione che lei presiede, www.crisalideazionetrans.it , conta centinaia di pagine dedicate al transgenderismo, agli «aspetti legali, alla vita associativa, ai gruppi di auto aiuto, ma anche all'antropologia. La transessualità nasce insieme all'uomo. Di moderno ci sono solo le modalità farmacologiche e chirurgiche che ci consentono di rendere i corpi somiglianti alle nostre anime», precisa Mirella.

Ma di questo arcaico presente si parla solo sul web. «Internet è l'unico mezzo per combattere i pregiudizi su di noi, quelli che hai visto a proposito del caso "Elkann". Le visite al sito si sono raddoppiate, superiamo le 200. Avvocati, medici, studenti trovano materiali per le loro ricerche». Il sito di Crisalide nasce per indignazione. L'informazione corrente 99 volte su cento sbaglia.

Mirella vuole correggere il tiro a partire da tre priorità. La prima: «Il sesso è un dato biologico, l'identita di genere è un dato psicologico che appartiene alla sensibilità. Quando non coincidono è giusto che sia il corpo a seguire l'anima e non viceversa». La seconda combatte un'equivalenza sbagliata. «Non tutte le trans sono spinte per natura verso la prostituzione. Questa equivalenza diffusa anche fra i datori di lavoro, gli affittuari di case, ecc., rovina la vita a quel 60-70% di trans che rifiuta la prostituzione. Ma è talmente martellante che alcune la introiettano. Un giorno una persona trans mi disse: "Senti io non ce la faccio più, voglio iniziare la transizione. Dammi una mano per insegnarmi a prostituirmi".

E' il segno di una resa incondizionata agli stigmi sociali. Perché succede? Certo, la trans che si prostituisce è più visibile di quella che non lo fa, ma i media hanno colpe gigantesche. Hanno veicolato solo l'immagine della trans prostituta». La terza priorità vuole abbattere il muro del Ghetto. «Non esiste "il mondo trans". Noi viviamo nel vostro mondo. Solo che questo Unico Mondo tratta diversamente noi trans dagli altri e crea discriminazione, ghettizzazione. Ma un ghetto non è il mondo».

Come reagì l'«unico mondo» il giorno in cui Mirella aprì la porta di casa mostrando la sua vera identità e non quella del maschio che non sentiva di essere? «Temevo che i bambini del vicinato potessero subire uno choc. Invece sono stati i primi a capire. Mi invitarono ad uno spettacolo fatto da loro dove c'erano tutti. Insistettero. Fui colpita dai loro sguardi, capii e andai. Del resto i bambini sono i più vicini a pensare che si è davvero quel che ci si sente di essere».

E ci sono anche gli «eterni bambini». «C'è un momento in cui avverti la possibilità che nasca un'amicizia. È allora che dico: "sono transessuale". Quando mi sento rispondere: "non me ne può fregare di meno", provo una grande gioia. Guardo la persona che mi sta dinanzi e mi accorgo che è tornata bambina».
d.v.

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28/10/2005 - Panorama - Stella Pende
Un Trans chiamato desiderio
Le sofferenze e i dubbi prima dell'operazione. Poi la fatica di ricominciare con un corpo nuovo. Le testimonianze di chi ha cambiato sesso. E di chi aiuta sempre più persone a farlo.

Lo studio del medico dei miracoli è invaso da femmine gigantesche con ciglia lunghe e barbe affogate nel fondotinta. Hanno capelli color angelo gonfi come nuvole, stivali con le ali da cowgirl (me lo dice la padrona in persona). Qualcuna, aspettando il suo turno, ripassa lo smalto.

Federico Fellini sarebbe goloso e geloso di questo palcoscenico. Poi arriva una ragazza, pare esile e spaurita come un uccellino. Uccellino in trappola.

«Signorina Alba Menotti» chiama l'infermiera col fazzoletto azzurro. E la ragazza va. Va al primo appuntamento che cambierà il suo destino. Va a diventare Alberto.

Transessuale.

Un'anima caduta nel corpo sbagliato. Anima prigioniera di vestiti che non sono i suoi, di desideri inconfessabili. «Già da piccolissima volevo che il mio corpo parlasse da uomo. Odiavo i miei seni, la pelle chiara e dolce. Da quando ho 7 anni faccio la pipì in piedi come un vero ragazzo»: mi guarda con occhi inquietanti. «Quest'operazione è l'inizio della mia vita». È sicuro.

Ma quando Alba diventerà Alberto ci saranno per lei solo umiliazioni. Se, al di là dei trans dive dei marciapiedi, si guardasse per una volta a queste crisalidi che sognano solo un'esistenza normale? In un mondo postbionico dove si affittano uteri e si svendono spermatozoi, dove si decide il sesso dei figli e si cloneranno uomini e cani di famiglia, il cambiamento di sesso è visto ancora come la perversione più bieca. E i trans come diavoli. Basta guardare il caso Lapo Elkann. Tutti dimenticheranno la cocaina, nessuno gli perdonerà la notte coi transessuali.

La verità è che nel Terzo millennio i transessuali sono ancora la spazzatura del sesso e della società. «Il bersaglio ideale per riversare su di loro le perversioni di tutti. Il trans fa paura perché è lo specchio dei peccati inconfessabili di molti». Chi parla ha già dato: Marcella Di Folco, Marcello 25 anni fa, è oggi vicepresidente del Mit, movimento transessuali italiani. Una pioniera del cambio di sesso. Operata a Casablanca, ha già vissuto «le sue tre stagioni» del transessualismo: «La disperazione da falso omosessuale, il coraggio dell'operazione, la strada per sentirmi desiderata. E poi, rinata, la lotta per quelli come me, soli e spaventati. Oggi a Bologna, nel nostro consultorio finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, aiutiamo 350 persone.

Incontri, visite, terapie... Ma, mi creda, soltanto il 15 per cento si prostituisce. Il resto punta a stare nel mondo e nella vita». Il ricordo va a Paolo, una volta tenera Paola, oggi determinato consulente di un'azienda di auto che, dopo il matrimonio con Piera, ha perfino adottato un biondo bambino. Oppure a casi celebri. Come Donald McCloskey, economista americano in odore di Nobel, improvvisamente diventato professoressa Deirdre. A Los Angeles le sue lezioni pullulano di studenti ammaliati.

In Italia, invece, Marcella fa politica dura. Presenta e segue i disegni di legge su trans e prostitute: «Ma bisogna rispettare anche i trans che battono. Ce ne saranno di drogati e di farabutti. E fra gli etero non ce ne sono?» sorride. «Da omosessuale ero io a pagare gli uomini. Dopo, quando erano loro a pagare me, mi sentivo finalmente desiderata. Il cliente è un pusher di felicità».

Augusto, padre di famiglia, annuisce. «Il trans è tutto quello che vogliamo da una donna. Che non osiamo chiedere a un uomo. Nessuno meglio di loro sa come accontentare il nostro desiderio».

Transessuale a Milano

Vendersi è abbastanza per essere mascalzoni o perversi? «E se con Lapo ci fossero stati tre signorini per bene?» mi chiede furbetta Marcella. «Lo avrebbero lasciato morire da solo o ci sarebbe stata una telefonata anonima? Di certo Patrizia la trans, rischiando molto, gli ha salvato la vita».

Essere una donna e sembrare un uomo. Essere un'altra cosa da quello che sentono il tuo cuore e la tua pancia. Essere lontani dalla normalità. Perché non rivendicare il diritto di ogni persona di essere non normale? «Tra i sessi non esiste spartizione netta tra il bianco e il nero» scrive Maria Nadotti, autrice di Sesso e genere. Vero. Piuttosto c'è una continuazione di diverse sfumature che possono attraversare tutti i colori dell'arcobaleno.

Una vaghezza che attrae da sempre la letteratura, da Orlando di Virginia Woolf a La mano sinistra delle tenebre di Ursula Le Guin. Fino al cinema di oggi, dove film come Sedici centimetri e Boys Don't cry fanno sentire la follia e il dolore di odiare un corpo estraneo.

Cambiare sesso è difficile. Di solito ci vogliono due anni di osservazione e una relazione degli esperti. Lui o lei sono davvero transessuali o folli o mitomani? Sono transessuali: davanti al responso dei medici il giudice darà il via all'operazione. E poi finalmente il diritto di cambiare nome.

Come il sociologo Gabriele Anderlini, una volta Rosalba. «Il nome è stato la svolta. Una donna che diventa uomo è una storpia e una dannata. Io poi ho fatto il peccato mortale di avere due bambini. Ma quando sono cambiato è come se avessi partorito me stesso».

Al Niguarda di Milano, nel centro diretto dal sessuologo Maurizio Bini, almeno 40 transessuali al mese conquistano il permesso per trasformarsi. «La differenza è che per cambiare nome un uomo ha bisogno dell'operazione di "demolizione"» dice Bini «mentre alla donna, poiché la chirurgia è troppo difficile, può bastare la rimozione dei seni e dell'apparato genitale».

L'operazione è una tortura atroce. Una decisione terribile («Avrei dato la vita per essere come il mio amico, per i suoi calzoncini corti, per i suoi cowboy. E in quella sala operatoria io la vita l'ho data» racconta Claudio, prima Roberta).

Particolari e verità che si raccolgono nei centri specializzati (Roma, al San Camillo, Bologna, Trieste, Torino, Napoli, Bari). A Bari, nel Centro di urologia andrologica, Carlo Bettocchi (lavora nel reparto urologia diretto da Francesco Selvaggi) ha tra i suoi clienti fama di chirurgo e di uomo sublime. Le sue operazioni danno alla nuova donna il piacere perfetto. «È un mago: ricostruisce vagine femminili come uno scultore. E insieme al corpo ti rimodella l'anima». L'aspetto di Manola, rossa valchiria, non smentisce le parole.

Ma la chirurgia diventa dura e cattiva quando è una donna che diventa uomo. Via il seno e poi l'asportazione del muscolo dell'avambraccio che va cucito al pube. Operazione una volta molto rischiosa. Per questo molte si fermano alla demolizione. Non Katy Sin. Quando, due anni fa, l'ho incontrata entrava nella sala operatoria della più famosa clinica di Lione. Aveva 62 anni. Risparmiava da sempre, arrivata alla pensione è partita dal suo paesino. «È il sogno della mia vita. So che reggere all'operazione per me è quasi impossibile. Se morirò sarà da uomo».

Dunque dopo l'uragano dei transessuali maschi centinaia di donne si trasformano. Si smontano pezzo per pezzo. Il nostro domani sarà popolato da misteriosi esseri di sesso indefinibile e indefinito? Viviamo un'epoca dove le differenze tra i sessi vacillano. Del resto il diritto di vivere e di essere padroni del proprio corpo non può essere negato a nessuno. Ma quanti sono i trans italiani? Solo un numero certo: 11 mila sono diventati donne. Su sei persone che vogliono la trasformazione una è donna.

Anche Paolo Valerio, valente psicologo al Federico II di Napoli, pensa che nel mondo postmoderno questi spauriti viaggiatori siano antesignani di un nuovo modo di essere.

«Fanno da apripista alle grandi problematiche di identità di genere che bambini e adolescenti incontrano oggi. Non possiamo che sostenerli: aprono una sfida infinita». Basta pensare all'ultimo libro di Nancy Chodorow, Femminilità, mascolinità, sessualità, dove l'autrice si chiede, provocatoriamente, come si diventa eterosessuali. L'acuto professore racconta che il suo team tiene corsi di formazione alle maestre elementari.

«Già da piccolissimi i bambini danno segnali importanti. Bisogna coglierli». E poi una ricerca con un titolo napoletano Come si passa da femminiello a transessuale? Il transessualismo è un disturbo dell'identità? «La cosa è controversa. Ma la tecnologia medica oggi dà una risposta a chiunque. Dopo l'operazione l'importante è la famiglia. Se nasci transessuale in un paesino della Sicilia puoi restare solo per la vita».

Per questo molti di loro rimangono con quel sogno. Tanti finiscono nelle grandi città a consumare la vita sui marciapiedi. «Ma sono tanti i transgender che vorrebbero conservare il loro corpo come vogliono essendo riconosciuti dalla legge come nuovi maschi e nuove donne. Però la legge non lo permette» ricorda Paolo Valerio. Corpi doppi: femmine esplosive fino alla vita e da lì in sotto la verità del tuo destino.

C'è chi fa l'apologia della doppia vita. «Davanti allo specchio succede tutto» dice Giorgio, che a Torino fa il garagista e di sera diventa Luisa in minigonna. «La differenza tra Luisa e Giorgio è nell'attimo in cui mi specchio e mi trucco. Allora il mio lui e il mio lei entrano uno dentro l'altro per poi dividersi ancora. Di sera Giorgio si riposa e Luisa si risveglia. Quando mi strucco Luisa svanisce ancora».

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31/10/2005 - La Repubblica - redazione
Torre del Lago, trans aggredito
.... già in agosto si erano registrate aggressioni notturne a giovani trans.


E´ un giallo l´aggressione avvenuta l´altra notte a Torre del Lago (Viareggio) ai danni di un giovane transessuale brasiliano lasciato ore ferito lungo la strada. A soccorrerlo ieri mattina un passante che ha chiamato il 118. La vittima è stata colpita violentemente a un occhio e operato all´ospedale di Viareggio. Non è in pericolo di vita. Sul caso indaga la polizia: già in agosto si erano registrate aggressioni notturne a giovani trans.

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